3 febbraio 2010

Vuelvo al sur por dos

Ogni tanto un tuffo di realtà che arrivi in fondo, fino alle radici di ciò che furono coloro da cui nascemmo. E cosa c’è di più atavico e radicato della memoria del gusto? Qualcuno direbbe dello stomaco. Ne sono convinto. Anzi io penso che le cose di pancia stiano addirittura nel dna. C’è stato un tempo, un dieci anni fa, in cui mi esercitavo a commuovere la gente con la cucina. E a loro insaputa invitavo a cena, per esempio, vecchi pugliesi residenti a Milano e sposati da una vita a donne venete. E facendo finta di niente gli servivo pasta ceci e baccalà. Poi cercavo di parlare il meno possibile e aspettavo … Se fossero esistiti i blog ne avrei certamente messo in piedi uno con i racconti del giorno dopo. Titolo: “Le loro memorie”.  Tutto questo però è un’altra vicenda. Verso la fine dello scorso luglio, invece,  tornando a piedi dal lavoro una sera, ho sentito fortissima la voglia di andarmi oltre, perché veramente a volte non mi sopporto più. E così, partendo dall’ultimo supermercato prima di arrivare a casa, ho provato a scavare nei ricordi. Perché “oltre”, a una certa età, si può andare anche tornando indietro. E bastavano i miei trentotto anni di allora (oggi quarantuno) per farlo.

Qualche settimana dopo provai a regalare la mia esperienza a Cinzia, una mezza conoscenza virtuale e nevrotica che continuava a parlarmi per citazioni di filosofi e libri. Sentivo che un tuffo da qualche parte di concreto avrebbe fatto bene anche a lei e se fosse stata disposta a farlo, forse avremmo potuto avere una lingua in comune e quindi qualcosa da condividere per andare avanti. Decidemmo, anzi decise lei, di mandarci cose importanti l'uno per l'altra. E così mentre da Cinzia arrivavano poesie ed estratti di vita e opere di salamazza, io con il cuore in mano le mandai questa ricetta. Sperando davvero che ci mettesse il peperoncino, che lo mangiasse da sola in una torrida sera e che mangiando sudasse, pensandomi e sorridendo. 


Cara Cinzia. In tutto ci vuole una mezz’ora.

Un mezzo chilo di seppie piccole e fresche o meglio seppioline (5 euro al super). Uno spicchio d’aglio. Olio. Un goccio di vino bianco. Un manciata di prezzemolo tritato. Un paio di patate. Una decina di pomodorini. Se ce la fai a mangiarlo anche un peperoncino, altrimenti un paio di granelli di pepe schiacciati con il batticarne su un asse di legno per farne grani grossi.

Appena rientri in casa, verso le sette e mezza, dai una sciacquata alle seppie e, a seconda della dimensione, le tagli per il lungo in due o tre parti. Togli la buccia alle patate falle a cubetti. Taglia in due o quattro i pomodorini.

Olio in una padella con i bordi alti (se ce l’hai, altrimenti quello che hai, purchè abbia una base di 24/26 cm che è poi quella più comune per pentole e padelle di casa), fai scaldare 20 secondi l’olio poi ci metti l’aglio. Lo fai andare altri 20 secondi e poi lo togli. E’ tutto caldissimo: ci butti dentro le seppie, fanno tschccccc. Le giri per due minuti, poi ci butti un po’ di vino, fa tschccc. Dopo altri due minuti metti le patate a cubetti, i pomodorini e il peperoncino tagliato in due (ripeto, se ce la fai a mangiarlo).

Metti tutto a fuoco basso, deve sobbollire, coperto ma non chiuso. Di solito le seppie rilasciano abbastanza acqua e quindi non devi aggiungerne altra. Semmai fallo, solo se vedi che si seccano troppo.

Sono le otto meno un quarto circa, finalmente vai di là. Ti spogli, vai a fare la doccia, accendi il computer, disfi la borsa… Tra una roba e l’altra, quando passi davanti alla cucina, dai una girata alle seppie. Delicata senza distruggere le patate. Dopo una mezz’ora assaggi. Dovrebbe essere ok. Metti sale se serve (di solito poco o niente, l’acqua rilasciata dalle seppie fa già anche questo), metti pepe se purtroppo non avrai messo peperoncino e poi sopra la manciata di prezzemolo. Sono circa le otto e venti. Fai riposare dieci minuti a fuoco spento, quindi mangi. Molto meglio se indossando una canottiera. Poi vedi un po’ cosa ti viene in mente e fallo.


Cinzia reagì strana, per come io intendo il mondo, e riassunse la stranezza in un “le seppie non mi piacciono, ma sento che qualcosa tra noi si è rotto”. Forse con una punta di cattiveria di troppo non le risposi quella volta, ne mai più in futuro. Purtroppo essendo io una macchina logica non capivo cosa potesse essersi creato di rompibile tra due che si sono scambiati … Toh! Diciamo 5 mail e qualche decina di minuti in chat. A me piaceva l’idea di lei a lei piaceva l’idea di me. Solo che la sua idea era molto più articolata della mia e soprattutto lei, a differenza di me,  pensava che quell’idea fossi io.

5 commenti:

  1. diffido di chi risponde a una ricetta dicendo "non mi piace", senza averla provata.

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  2. trasporta...benvenuto!
    e che bontà...

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  3.  io questa ricetta l'ho già fatta mia.
    Che bello leggerla qui.
    Felice.
    s.

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  4. mi piace il racconto, molto.

    mi piace anche la ricetta.

    bello.

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