29 agosto 2010

Io non volevo essere una di quelle donne che prende un uomo per la gola.

Mi sembrava che scrivere un racconto per un uomo, e regalarglielo, fosse un bel regalo, una roba di cui un uomo dovesse essere fiero e contento e grato.
Ma devo dire che le linguine con mazzancolle e zucchine che gli ho preparato l'altra sera, hanno avuto dei commenti più entusiasti.

(ieri sera era lì che mi chiedeva se poteva dire ai suoi amici quanto erano buone le linguine che gli avevo cucinato)

27 agosto 2010

O purpo se coce int' a l'acqua soja

Quello che vi racconto ha avuto luogo qualche anno orsono, a casa di un avvocato napoletano. Quello che vi racconto ha per sempre cambiato il mio rapporto con i polpi. L'avvocato, caratterizzato da circonferenza addominale pari all'altezza (ovviamente un potenziale falso positivo: essere panciuti non significa saper mangiare nè tantomento cucinare), si trovava solo con i figli ed un amico dei figli (io) nel dover organizzare una cena per non ricordo quale diavolo di festività. Tra gli ingredienti prescelti, appunto, un polpo. Essendo riconosciuto da taluni come competente in fatto di cucina, comprato l'essere tentacolato, avevo costruito attorno alla bestia l'immagine prevedibile della cottura standard: H2O, aceto, un tappo di sughero, etc... (già il finocchietto mi suona nuovo). Appena l'avvocato vide l'essere, il paolo, e le mie prime mosse per la sua preparazione inorridì e, con fare di rimprovero, mi disse: O purpo se coce int' a l'acqua soja. Da buon brianzolo, geneticamente chiuso alle novità, senza nemmeno sapere di cosa stesse parlando, risposi citando le numerose ricette che, avendo come ingrediente il polpo, consigliavano una cottura comunque standardizzata. L'avvocato, abituato ad avere a che fare con contestazioni plateali, argomentazioni sottili, prepotenze di ogni genere mi scansò senza indugi, versò un quantitativo apparentemente esagerato di olio di oliva (2-3 dita) in una pentola alta e di circonferenza ridotta (infinitesima rispetto a quella del suo addome), scaldò l'olio per qualche minuto, aggiunse due spicchi d'aglio, un po' di prezzemolo praticamente intero e, per finire, gettò il polpo paolo così com'era nell'olio intanto divenuto molto caldo. Mescolatina, coperchio, fiamma medio-bassa e arrivederci. Se ne andò a legger giornali.
Allarmato per il possibile destino del paolo tentai di far valere, senza successo, le mie ragioni: 'ma come si fa, con tutto quell'olio... e poi senz'acqua', 'ma poi, santiddio, il prezzemolo va messo alla fine!!!', 'per carità, il fuoco è troppo alto'. Talvolta, tuttavia, occorre ammettere la propria ignoranza, i propri errori, senza favellare. Il polpo, dopo 30 minuti su per giù (il tempo varia al variare del peso del paolo in questione), venne estratto da quella che ormai era diventata l'acqua soja (che a questo punto chiamerei il sudore di paolo) mischiata con tutto il resto, steso su un tagliere, ridotto a piccoli cubetti, mischiato con delle patate lesse, anch'esse ridotte a cubetti e condito con un po' della brodaglia untuosa e di olio crudo. Sfido chiunque, non dotato di tecnologie aliene, nel produrre un paolo altrettanto morbido e saporito. Da allora, ogni volta che cucino un paolo, lo chiamo gennaro, in onore dell'avvocato.
NB come se non bastasse, la brodaglia, il sudore del paolo, è sufficiente per svariati etti di pasta che, condita con il sudore, non necessità di null'altro... magari solo un pomodorino saltato...

26 agosto 2010

RISOTTO ALLA FRAGOLE

Non esistono cibi afrodisiaci. Perché allora, solo a sentire l'odore di queste fragole, chiudo gli occhi e penso a lui? Suggestione, mi ripeto. Immergo un dito nella panna montata. Lo lecco e sento un brivido. Se continuo così non riuscirò mai a cucinare. Qual'è il menù perfetto per l'amore? Una fragola mangiata in due? Banale. Stupida. Stupida. Smetti di sognare. Come se fosse facile, non so fare altro. Rovescio le fragole sulla tavola. Rotolano lentamente come biglie rosse sulla tovaglia candida. Le guardo. Ho deciso: niente dolcezza per lui, niente panna, niente dessert. Niente cuore.

Allora che ci faccio con queste fragole? Riso. Bianco, rigorosamente carnaroli, 250 gr. Per due persone. Forse è tanto, ma non mangeremo altro. Metto musica rock e mi trattengo a stento dal ballare mentre pelo un patata, una carota e una cipolla per fare il brodo. Odio i dadi, non li uso mai. Mentre il mio brodo bolle affetto mezza cipolla bianca, sottile sottile. Piango. Fingo che siano lacrime per lui. E rido tra le lacrime di me stessa e del mio gusto della commedia. Mi piace guardar soffriggere la cipolla nell'olio, mi piace l'odore che sale, mi piace lo sfrigolio che mi solletica l'orecchio. Mi piace vederla diventare bionda. Bionda come me. Appassisce, forse, come me. Rovescio il riso e lo faccio tostare per qualche minuto. Sfumo con mezzo bicchiere di vino bianco secco. Mi accorgo solo ora che me ne sono già bevuta mezza bottiglia. Ecco che cos'è questa strana euforia, non è voglia di lui. E' il vino. Già. Il Vino. Il vino ora è sfumato, come tutti i miei sogni, penso. Comincio ad aggiungere il brodo. Mentre aspetto che il riso si cuocia sminuzzo le fragole. Ne lascio intere solo qualcuna.

Tre minuti prima della fine della cottura del riso rovescio le fragole sminuzzate. Mi godo questa pioggia rossa e guardo il riso che diventa rosa, mentre lo giro lentamente. Lentamente, mi sto ipnotizzando da sola. Cazzo se era forte il vino. Aggiungo un fiocco di burro. Manteco. Manteco. Deve venire una crema. Lo voglio imboccare, stasera. Tolgo tutto dal fuoco e verso in un piatto di portata. Guarnisco il tutto con le fragole intere. Una qua e una là.

Una meraviglia di risotto alle fragole.

Resta un'unica fragola intera che non ho affettato. La troverà sulle mie labbra. Come antipasto.

24 agosto 2010

ah, la fame

olio di semi di girasole nella padella
vento
cipolla tagliata più fina che si può
patate (thin, little, piccolo, oh, questo non capisce fagli vedere)
carote
che ha detto? di mettersi al riparo, che sta arrivando un little sand storm. io mi porto la padella.
vabbè rimettila sul  fornello
è cotta

buonissimo, dopo 10 pasti a base di montone, il piatto di patate e carote cucinato nel deserto del Gobi.

23 agosto 2010

Ingredienti: pippe, tante pippe..

Doveva essere un banale branzino al sale con insalata di pomodori ma dopo aver sfilettato il pesce il trasferimento dal piatto di pulizia a quello della cena è andato malissimo.
E se c'è una cosa che non sopporto è che l'occhio non abbia la sua parte, dunque mi è toccato trovare una soluzione per i cocci di branzino che fosse diversa dal mavaffanculo aprendo il secchio della monnezza: uno screening accurato delle cose a disposizione e delle mie voglie (niente pasta al ragù di branzino, ad esempio), mi ha fatto decidere per la melanzana, teoricamente tonda ma in verità piuttosto allungata.
Da cui ho tagliato tre fette molto sottili nel senso della lunghezza (più altre un po' troppo cicciotte, ma quelle verran buone domani) che ho grigliato e su cui ho messo il pesce spappolato prima di arrotolarle su se stesse.
Tagliate a metà sembran proprio girelle, peccato il colore un po' smunto che sul piatto beige mette davvero tristezza.
Ma in fondo basta cambiare anche quello: grigio scuro e pomodori tagliati a dadini piccoli piccoli e finalmente è fatta: posso mettermi a tavola.
E intanto penso che forse ci stavan meglio le carote, ma per fortuna non ne ho.

21 agosto 2010

se spunta un fiore in bocca


Hai mai provato ad andare al mercato, quando in agosto le persone sono ancora via e le bancarelle traboccano di cose buone?

Stamattina io l'ho fatto.

Le sfumature di rosso e di giallo erano padrone della scena: le pesche tabachera (quelle schiacciate e deliziose brut ma bon diciamo noi), le angurie tagliate a fette, i pomidoro di tutte le dimensioni, i meloni e...i fiori di zucca.

Improvvidamente mi avvicino ad un banchetto ed ecco che vengo circuita da parole e profumi e persone, alle quali riesco a dire che vorrei qualche fiore di zucca...tre etti vanno bene? Ma sì.
Bene: tre etti di fiori di zucca sono una cassetta di fiori di zucca.

Ancora stupita vado verso casa con il mio carrello della nonna al seguito, già fortunatamente riempito di altri dolcissimi beni, e la cassetta come un vassoio tenuto sulla mano destra. Strada facendo rifletto: che farne?

Il sonnellino del sabato pomeriggio mi ha offerto spunto: ne farò frittelle e risotto, ma mi servono volontari perché da sola rischierei di morire di fiori di zucca.
Così, mentre rifletto, chiamo Lisa e Franco e Max i quali accettano volentieri e, nel frattempo, metto i fiori a bagno nella vasca. Eh sì, sono tanti e lì stanno bene.
Ne prendo più della metà, taglio via lo stelo e  divido in petali. Nel frattempo taglio a rondelle sottili due cipollotti freschi, quelli grossi quanto un mignolino, e faccio soffriggere in burro e olio in parti uguali; aggiungo i petali che fanno presto a ridursi a poco e spengo. Più tardi aggiungerò due pugni di carnaroli a persona più uno per la pentola, farò sfrigolare con del vino bianco e continuerò la cottura con del brodo vegetale (un pomodoro, una costa di sedano, una carota, un cipollotto  e un po' di prezzemolo...cose semplici, insomma). Ad un attimo dalla fine spolvererò di noce moscata e poco parmigiano e decorerò il piatto con qualche fiore fresco.

E le frittelle? Oh be', una pastella veloce fatta con farina, un pizzico di sale e birra al posto dell'acqua avvolgerà i fiori già riempiti con un tocchetto di mozzarella e un'acciughina, niente di più. Un salto nell'olio bollente fino a dorarle appena e poi subito nei piatti, ché sono così golose da voler saltare immediatamente in bocca, a rischio di ustione.

Ma che buoni i fiori di zucca!


9 agosto 2010

Dall'abruzzo con furore

Per fare questa ricetta ci vuole la padella di ferro, niente teflon o acciaio 18/10 o questa roba moderna, padella di ferro che nel mio dialetto si chiama fressore (e tutte le e sono mute) che è la parola più onomatopeica che conosco.
Mettete nella padella un po' d'olio, non molto, aggiungete un paio di spicchi d'aglio a cui non avete tolto la buccia, e una manciata di peperoni tagliati a listarelle sottili. Fate soffriggere per un po' e quando i peperoni saranno quasi cotti toglieteli e metteteli da parte.
Buttate nella padella quattro pomodori maturi sbucciati e tagliati a pezzettoni (e nel momento in cui i pomodori toccheranno il fondo rovente della padella capirete il perchè del nome in dialetto), alzate la fiamma e mescolate mescolate mescolate per tutto il tempo perchè il pomodoro tende ad attaccare. Dopo una mezz'ora o poco più il pomodoro è quasi cotto, ci ributtate dentro i peperoni, salate, mescolate ancora.
Già così questo piatto è una bontà, poi ci potete rompere dentro un paio di uova e le lasciate cuocere così, abbassando la fiamma e non mescolando più niente.
Si mangia con pane casereccio.
Se provate a farlo con una padella normale il piatto non riesce.
Ah, il piatto si chiama pomodoro cotto nella versione semplice e  uova in purgatorio nella versione più elaborata.

4 agosto 2010

Uno


Ci sono coppie che sono uno. Non unopiùuno, no, proprio uno e basta. Che non capisci dove sta il confine perchè il confine non c'è; niente bordi, nessuna divisione. Un uno. Pieno. Bello.
A volte mi capita con quasifidanzato quindi lo so come ci si sente e infatti, stasera, guardavo con aria complice gli straccetti di tacchino e i funghi mentre diventavano un uno in padella: l'infarinatura del primo che si scioglieva nell'acqua dei secondi, il colore di questi che indorava l'altro, il profumo di entrambi in un insieme armonico.
Avevano un sorriso ebete e felice.