14 maggio 2010

Annunciazio' annunciazio'

I più attenti di voi ricorderanno che tempo fa vi ho parlato di questo agriturismo come possibile meta di infornoincampagna.

Bene, ci siamo: ho fatto una pre-prenotazione per il 16 e 17 luglio che va confermata entro metà giugno.

Il casale sarebbe a nostra completa disposizione dal venerdì sera alla domenica,

i posti letto disponibili sono 12 e non si può barare - eventuali controlli gli costerebbero la licenza -, ma eventualmente la zona offre altre quattro strutture in cui spargersi (http://www.bbplanet.it/dormire/sorano/),

il costo è di 120 euro a persona per tutto il week end.

Le adesioni come al solito si raccolgono qui nei commenti ed in questo mese magari penso anche ad un modo intelligente di raccogliere i soldi.
Se mi risparmiate questa fatica (ricordatevi che sono bellissima e dunque oca) e ve ne viene in mente uno, fatemelo sapere.

PS: i metereologi affermano che prima o poi arriva l'estate.

10 maggio 2010

coccoDEI!

Dosi per una persona (che vuole tirarsi su)

Di chi non sa cucinare, si dice che "non sa farsi neppure due uova al tegamino"; ma cucinare le uova non è poi così scontato... Provate ad accostare 4 fette di pancetta a mo’ di rettangolo e mettete nel mezzo un tuorlo d’uovo che con molta calma (e fortuna) verrà avvolto nelle fette stesse. Un altro salto mortale (senza doppio avvitamento, altrimenti cade tutto) consiste nel mettere il pacchetto su di una padella antiaderente ben calda su cui andrà fatto rosolare l’involtino da entrambi i lati per poco meno di un minuto. Una volta cotto va adagiato su qualche foglia di insalata condita leggermente con olio sale e pepe e servito subito.
Come ogni ricetta c’è un ingrediente segreto, ed in questo caso consiste in un mezzo chilo abbondante di pazienza... Però alla fine, nonostante la fatica e la concentrazione, ne vale la pena basti pensare a quanto ha scritto una famiglia patrizia veronese di fine Trecento che sosteneva: "le uova di gallina ristorano rapidamente, confortano e rinvigoriscono l’amplesso".
Alcune leggende sostengo addirittura che Marte per "tirarsi su", dopo una notte d’amore in una locanda con Venere, bevve un centinaio (!!!) di uova del pollaio dell’oste...

7 maggio 2010

La farfalla in islanda e le arance a...

.. qualcosa che finisce in -ate, lo ammetto, non lo ricordo più. Ma potrei chiedere a Motorumorista che dissicuro sì (va bene, ho alzato l'insulto, puoi schiacciare).

Insomma, gli è che il vulcano maiale ha eruttato, io ci ho messo del mio ed anzichè in Egitto sono finita in Sicilia.
E poi torno, mi ritrovo nelle brume fredde e come consolazione decido che provo a fare l'unica cosa che non ho ingollato in quella settimana di cibi squisiti: gli arancini.
Vegetariani, perchè ci doveva essere la cognata che non mangia carne.

E la sera prima lesso il riso in poca acqua perchè si deve assorbire tutta e lasciargli la colla di tutto il suo amido, poi ci mischio tre turli d'uovo, lo zafferano e del pecorino.

Il giorno dopo, a -ate, affronto il forno meno userfriendly dell'universo, tento di grigliare le melanzane e poi - sconfitta dai troppi pulsanti (nessuno con un disegno somigliante ad una griglia, per altro) - opto per la padella, tanto dovevo preparare anche il sugo con quella meraviglia di pomodorini che arrivavano da laggiù; taglio a dadini una mozzarella e ci mescolo del tonno.

Il resto è giocare a fare le pallette, che poi è una cosa che da piccola facevo col fango, ho voluto anche il dolceforno per cuocere le polpette di fango, ma adesso che sono grande ho potuto giocare con l'olio bollente. Hà.

eat-me

tornato a casa mi sembra di essere appena arrivato al campeggio. c'è un momento quando arrivi al campeggio, un momento in cui  tiri fuori il fornello tascabile e ogni volta fai lo stesso pensiero che poi è come faro gli spaghetti al pomodoro e basilico con questo coso? ma è una domanda assolutamente inutile, chè poi li fai, smadonnando ma li fai, sempre...
...insomma a vedere i fuochi della cucina di casa mi son sentito così, con un disturbo del piccolo e del grande, come alice più o meno, che lì invece tutto sembra grande, come può sembrare grande al bambino quello che è normale, che poi è come mi sentivo domenica, insomma un casino.

ma lo so perchè è successo, è stato quel biscotto sospetto, quello fatto da mani di terre di streghe, sì,  il biscotto con sopra scritto eat-me...

comunque quella roba li NON è un risotto.
è riso nero bollito
e poi passato in padella
con cubetti di pera e di speck
e scalogno finissimo
e poi forno
con in mezzo il gorgonzola
che poi te lo mangi

tornato a casa ci ho messo tre giorni per riprendere a cucinare
gli stessi che ci metto quando arrivo in campeggio per cominciare a fare qualcosa di decente che non si limiti ad essere più che commestibile.

6 maggio 2010

caelum non animum muntant qui trans mare currunt

quella volta ero nervoso, reso ancora più nervoso dalla necessità di apparire tranquillo e sempre padrone della situazione. era il mio primo incarico da skipper, la prima navigazione lunga, le prime due traversate con la responsabilità sulla barca e su chi ci stava sopra. e a parte l'amica con cui condividevo la responsabilità, il resto dell'equipaggio si dimostrò subito inadatto al compito. un gruppuscolo di giovincelli cazzari e spensierati, interessati più alle discoteche dei porti che all'avventura della vela, più ai bagnetti che al vento, sempre pronti alla rimostranza se l'acqua del mare non era alla loro temperatura preferita. come se ci potessi fare qualcosa, ecco. l'arrivo a portisco era stato più avventuroso e faticoso di quanto temevo, anche se senza incidenti. il maestrale non lasciava scampo, eravamo condannati a restare nel porticciolo più caro d'italia per almeno due notti. loro erano felici, perché c'erano i localifighi. la seconda sera, snervato dall'attesa e dalla compagnia, mentre loro andavano a rosolarsi in spiaggia, decisi di restare a bordo a sistemare la barca, e a cucinare. cucinare in barca è entrare in un'altra dimensione: i fuochi sono solo tre e piccoli, le pentole sono poche e con i coperchi spaiati, lo spazio è assente. in un modo o nell'altro riuscii a far bollire un po' di patate, e una quantità equivalente di fagiolini (pagati al prezzo della costa smeralda, ovviamente). in mancanza di un passaverdure schiacciai tutto con la forchetta, e lo insaporii brevemente in una padella con una cipolla.
il profumo mi fece pensare che con una cena così i fighetti sarebbero stati felici di darmi una mano il mattino dopo, quando si prevedeva una breve calma nel maestrale, tanto da passare le bocche di bonifacio. una spruzzata di maggiorana e di origano aggiungevano odori mediterranei, perfetti per l'occasione.

i profumi fanno diventare ottimisti.

questo pensavo mentre aspettavo che l'impasto si raffreddasse abbastanza da romperci dentro un paio di uova, imburrando e cospargendo di pangrattato l'unica, macilenta teglia di bordo. amalgamai tutto tranquillamente, e godendomi il tepore del sole mitigato dal vento, aggiunsi parecchio parmigiano grattugiato (quante g ci vanno in grattugiato? due?). alla fine mi decisi a spalmare tutto nella teglia, tirandolo pari con una forchetta, in modo che fosse alto non più di due centimetri. con la forchetta, rigai la superficie a losanghe, come una crostata, e la cosparsi abbondantemente di pangrattato e origano, fino a coprirla. in mancanza di un forno elettrico, decisi che era pronta quando fu ben dorata. di sicuro l'equipaggio avrebbe gradito, e sarebbe stato felice di partecipare alla navigazione dell'indomani.

dopocena gli dissi che il mattino dopo saremmo partiti molto presto, perché dovevamo recuperare le miglia perse nella sosta. all'unisono risposero: perfetto, così andiamo in discoteca fino all'alba e poi andiamo a dormire mentre tu fai andare la barca.

4 maggio 2010

Gemito di cipolle

Si cucina per il gusto, per nutrirsi, per i colori, o anche per i profumi; a me piace cucinare per un suono. Tra i tanti suoni dell'armonia culinaria ci sono i brontolii delle bolliture, o il sussurrare della friggitura, ma il suono che io adoro forse non ha un nome. Mi azzederei a chiamarlo "gemito". Immaginatevi un piccolo e carino ristorante, in due occasioni differenti, in differente gentile compagnia, ma lo stesso piatto e alla prima forchettata quel "uhmmmmm....". Un piatto può tanto?! A questo punto devo smontare quella pietanza con la sola forza dell'immaginazione, visto che la cameriera evidentemente non collabora! E' di fatto una torta salata con le cipolle quindi in una teglia con la carta da forno ci metto la pasta bucherellata che riempirò con le cipolle e che ricoprirò con un ulteriore strato di pasta per farla sembrare una torta di Nonna Papera. Ma dentro? Allora il menù diceva: "cipolle rosse caramellate all'aceto balsamico". Quindi sbuccio un sacco di cipolle rosse e le faccio a pezzettini, con un po' d'olio, sale e abbondante acqua le faccio ammorbidire a fuoco basso e in un tegame coperto. La fiamma viva poi servirà a far ebollire tutta l'acqua. A quel punto un'innaffiata di aceto balsamico e subito dopo una bella cucchiaiata di zucchero bianco, una mescolatina e via. La torta è cotta come tutte le torte salate a 180° per 30 minuti. Prima di servire ci verso una crema di taleggio, che poi è taleggio sciolto a fiamma bassa con un pezzettino di burro (Mauro docet). Appena il formaggio tenta di risolidificarsi verso sul tutto un po' di aceto balsamico (magari ristretto?), e via verso il gemito! Alla data del 2 Maggio 2010 gli "uhmmmmm...." sono 3! Guai pensare che la cucina sia un surrogato di altro, ne è la continuazione.

3 maggio 2010

fave&foglie coast to coast

premessa
il piatto è palindromo (cioè si può leggere da entrambe le parti) per quanto riguarda le quantità di ingredienti  in quanto evolvente (le proporzioni di fave e verdura variano in maniera inversamente proporzionale durante l'impiattamento) e bigusto (dolceamaro).
ma questo per la preparazione è ininfluente.

svolgimento: fave (la parte dolce - miaperfidia)
procuratii un fottio o fotio di fave. ma tante. perchè poi quando le debacelli e le sbucci dalla pellicina (importante, mi raccomando, altrimenti rimane dell'amarognolo) l'armata verde si riduce a un piccolo plotone di legumi ignudi.
plotone che viene spedito con delle scorte d'acqua a fare quattro salti in una padella ancora inebriata da cipolle e aceto balsamico. qui vi rimarrano a lungo, finchè non saranno stracotte e passibili di minipiner. il resto è storia.

svolgimento: foglie (la parte amara - papoff®)
le foglie sono una circa qualsiasi verdura amarognola di quelle che possono essere cotte (cicoria, scarola, costa) nello specifico una scarola raccolta in un campo di fiducia (ci si potrà fidare almeno del papà!).
la verdura va chiaramente lavata bene e poi tagliata a trancetti calibro 35 di 5/6 centimetri.
la mettiamo a bollire in acqua salata per tipo 5 minuti usando un piano cottura professionale con fiamma pilota (!).
a questo punto le foglie sono al dente e le possiamo ripassare in padella con olio, aglio (incamiciato) e peperoncino di qualità.

svolgimento: & (il matrimonio)
per legare due opposti si sa, ci vuole un'amalgamante.
non si sa bene come e perchè si è arrivati alla decisione di utilizzare dei mini crostini cubici saltati in olio e aglio (tritato stavolta) e del formaggio prepotente di qualche valle lombarda.
va bene il formaggio grattuggiabile più arrogante che trovate.

assemblaggio
procuratevi (chi non li ha?) quei contenitori di patatine fritte da saga del fritto di camogli (che ricordiamo avere la più grande padella del mondo).
dipingete uno strato di crema di fave, affrescate con della scarola, impreziosite con qualche crostino e agevolate il formaggio.
servite tiepidamente.

fave&foglie

La caprese senza pomodoro e senza mozzarella

Non li vuoi più fare tu i dolci ai cucinamenti di gruppo. Per loro ovvia natura arrivano sempre in fondo al pasto, quando tutti sono pieni e piuttosto che mangiare ancora preferiscono lavare i piatti e pulire i pavimenti, cosa che del resto dovrebbe farti pensare. Comunque tu la prossima volta porti il pane o un antipasto, così sei sicura che nessuno fugga con una scusa adatta.
Tzè, alla fine comunque, dopo aver tanto insistito, strillato, pestato i piedi, l'han mangiata tutti la tua torta caprese, che non ci avevi messo dentro né il pomodoro, né la mozzarella, ma mandorle in polvere, una gran quantità di uova, zucchero, fecola (solo un po'), mezzo bicchiere di olio di riso, cedro candito (un po' dentro e un po' sopra, per decorare, solo al momento di servire), la scorza grattugiata di tutto un limone e lievito quanto basta. Farina non ce n'è. Celiaci di tutto il mondo abbuffatevi.
Schiaffata dentro un forno sconosciuto, incrociando le dita e tirando fuori al momento perfetto, quando mai ti ricapita? Zucchero a velo per spolverare.