29 giugno 2010

Quanto è difficile cuocere bene le patate.

Nel mio dialetto si chiamano patate alla cellarotte (le "e" non si pronunciano, sono tutte mute, la "o" è aperta).
L'aggettivo "cellarotte" deriva dal nome di un paese vicino al mio, un paese molto di montagna, carino carino, più famoso per le cantine sotterranee in cui gli abitanti distillano grappe che bevono a fiumi durante le feste, che non per le patate.
Io le chiamo anche patate appiccicate.
Comunque l'altra sera avevo voglia di queste patate appiccicate che sono una variante delle patate fritte.
Allora ho sbucciato due patate, le ho tagliate a fette rotonde sottili - tipo patatine chips, per capirci - le ho tagliate, dicevo con il tagliapatate. A dire il vero ero indecisa se tagliarle col coltello, e in tal caso le fette rotonde vengono un po' più spesse, qualche millimetro, però alla fine ho deciso di usare il tagliapatate che fa le fette sottili sottili, quasi trasparenti, troppo sottili secondo me e mi sono pure affettata un pollice.
Ho messo l'olio nella padella antiaderente, la padella sul fuoco, uno spicchio d'aglio che a me l'aglio piace, e quando l'olio mi sembrava giusto ci ho versato dentro le patate a rondelle.
Ho coperto il tutto con il coperchio e mi sono messa ad aspettare prestando attenzione a quel che facevo perchè ho imparato che il cibo, come gli essere umani, vuole attenzione.
Dopo qualche minuto mi sono accorta che l'olio era tanto, troppo, decisamente troppo.
Ho scolato l'olio in eccesso nel lavandino. Dopodichè  è andata meglio.
Le patate appiccicate vanno girate e rigirate.
Si aggiunge il sale quando vi pare.
Poi, quando sono cotte e un po' spappolate (non devono venire croccanti) ci si rompe dentro un uovo o due, si sala anche l'uovo, si gira e si rigira.
Di solito vengono buonissime, ma l'altra sera ho sbagliato con l'olio, di olio ce ne va poco, dice mia madre, perchè altrimenti le patate così sottili se lo bevono tutto.
E un'altra cosa importante non ho capito è come deve essere la fiamma, ho improvvisato, la abbassavo e la alzavo osservando il grado di cottura/bruciacchiatura delle patate.
Insomma, è difficile friggere bene le patate.

(C'è una variante di questa ricetta fatta con le patate lesse avanzate, io ne andavo matta da piccola)

23 giugno 2010

veliko pivo

tre settimane in iyjugoslavia (scegliere un'iniziale a piacere) sono a base di cevapi (o cevapcici, ma non dove li hanno inventati, pare). carne, cipolla e pane. roba da scorbuto. ho voglia di verdure, vitamine, sali.
con immenso piacere torno a casa e trovo che l'amico serbo mi ha riempito il frigorifero un po' di tutto. ci metto poco a pensare che quello che è in casa mia posso mangiarlo, al limite lo si ricompra. comincio con una vaschetta di pancetta (affumicata, ma non avrei avuto remore con una dolce) a sfrigolare e a far appassire una cipolla. apro la birra. bevo un sorso e aggiungo una melanzana, due zucchine, un peperone, due patate (piccole, altrimenti una, penso mentre le taglio). tutto con calma, lasciando frrrrrisciare quello che è già dentro e chiedendomi quale sia l'ordine giusto (ne avevo già scritto, credo. non ho ancora imparato). sorso di birra. due pomodori secchi sminuzzati. scorro le spezie e scelgo paprika, curry, alloro, maggiorana (non a caso ma quasi). guardo con soddisfazione e penso che se non ci metto qualcosa di umido si attacca... prima di pensare all'acqua ci rovescio dentro la lattina.
ci sta tutta. e pure bene.

(adoro scrivere le ricette mentre sto mangiando il risultato)

(questo post ha troppe parentesi)

(ma non me ne frega niente)

22 giugno 2010

Crostata su moleskine

E' uscita la moleskine delle ricette, l'hai comprata subito. Ci hai scritto già qualche ricetta qua e là, sbagliando anche le pagine, ma fa niente, sei contenta lo stesso, tu e la tua dipendenza da quadernetti.
Per di più sul sito delle moleskine c'è anche il template, così puoi copiare e incollare le ricette, stampare la pagina e incollarla tutta bella ordinata sul taccuino, così sembra un libro (ma allora che gusto c'è?).
La ricetta che hai copiato, incollato e stampato ieri è quella della pâte sucree, che poi sarebbe un'alternativa alla pasta frolla di base per le crostate. Così poi a casa, tutta fiera, hai ammorbidito un po' di burro, aggiunto lo zucchero a velo che profuma di vaniglia e mette allegria, due manciate di mandorle, quelle bio che ti arrivano dalla Sicilia tritate fini fini fini col frullatore, un uovo, farina setacciata e un bel giro veloce con l'impastatore che è il tuo elettrodomestico preferito, sperando che non lo venga a sapere la macchina del caffè, che è stata lei per anni la tua preferita.
Hai fatto una pallottola del tutto e l'hai lasciata in frigo mentre cenavi, ti facevi l'impacco ai capelli, la doccia, la piega. Poi hai steso la pasta, l'hai messa in una teglia. Hai scelto con calma la marmellata, volevi quella di pere e vaniglia, ma non sei riuscita a trovarla. Hai ripiegato su pere e cannella. Hai steso la marmellata, fatto un paio di reticoli, ma pochi che ti era rimasta poca pasta e infornato una mezz'oretta.
La pagina la devi ancora incollare.
Con la marmellata rimasta hai fatto colazione stamattina, spalmata sul pane. La crostata invece la mangi domani col moroso quando torna da Vienna.

17 giugno 2010

come non detto


I migliori hanno aderito ma questa piccola elite non era sufficiente a riempire l'agriturismo dunque ho disdetto la prenotazione.
Se i migliori avessero comunque voglia di venire per l'ennesima volta a Milano - anche gli altri, ma sappiano che gli si farà velatamente notare che tsk! - possiamo comunque fare un'infornata a casuccia mia.
Cheers

14 giugno 2010

Dei bisogni

Deve essere che il corpo lo sa da sè di cosa ha bisogno.
Non mi intendo di queste cose, ma deve essere così se ti ritrovi davanti al bancone della macelleria a chiedere una  bistecca di vitello.
"Con l'osso" dici e non sai se è una precisazione necessaria perchè le bistecche di vitello di solito le ignori, non ti piacciono, ne stai alla larga, prediligi altro. "Alta almeno due centimetri" aggiungi, altra informazione che non sai se serve.
A casa la tagli a metà perchè mangiarla tutta è un'impresa impossibile per una che ha la taglia trentotto.
Metti a marinare la metà con l'osso nel limone, aggiungi aglio, prezzemolo, erbapepe, rosmarino e un po' (poco) di origano (stai improvvisando, utilizzi gli aromi così come li trovi nell'orto davanti a casa).
L'altra metà la metti in frigo.
Intanto accendi il fuoco nel camino, legna di ulivo perchè tua madre dice che per fare la brace è migliore della legna di faggio.
Il fuoco arde, la bistecca sta marinando, tu leggi un libro.
Quando la brace ti sembra pronta prendi la bistecca, la metti sulla graticola, metti le erbette marinate sopra la bistecca e fai cuocere per qualche minuto. Ah, dimenticavo, aggiungi il sale ovviamente.
La mangi poco dopo, al sangue.
Hai sempre pensato che la carne al sangue  è una schifezza eppure oggi ti sembra buonissima.
Si vede che ne avevi bisogno.
Deve essere che il tuo corpo ne  aveva proprio un gran bisogno.

(l'altra metà della bistecca la mangi la sera dopo, stesso procedimento di preparazione e cottura)