24 gennaio 2013

mirto e cigni

e dopo quarantacinque anni, ancora non lo sapevo. dopo tutto il tempo che ci ho passato in vacanza, in estate e in inverno, ancora non lo sapevo. dovevo andarci ancora una volta per il canto del cigno di un amore, per accorgermi che le cinque terre sono terra di mirto, oltre che di sciacchetrà. è vero che nelle giornate invernali più terse si vede la corsica, e che dalla corsica si vede la sardegna, ma nel mezzo ci sono una paccata di chilometri, e allora al mirto chi ci ha mai pensato. nessuno in famiglia l'ha mai raccolto o usato, e secondo me nemmeno la gente del luogo ci pensa.
eppure camminando sui sentieri scaldati dal sole, magari in un'annata particolarmente favorevole, si sente il profumo che sale forte, e allora viene voglia di provarci. rubia... raccogliamo sei etti di bacche (ok, la metà siamo andati a cercarle sui sentieri, ma poi c'era quella pianta stracarica appena dietro una recinzione, e come si fa a resistere).
una signora francese ci chiede cosa stiamo raccogliendo. mirto, le dico. è stupita: ma come, da noi in fronscia si raccoglie in agosto! ma no non mirtilli, mirto! manco sa cos'è. peggio per lei.
un'altra signora, una matrioska russa, arriva con in mano delle bacche rosse e visto che raccogliamo delle bacche nere ci chiede se può mangiarle: sì signora, sono corbezzoli. son buoni. ma non esageri che le viene il cagotto.
compriamo un vaso di vetro, di quelli con il tappo a molla e la guarnizione, compriamo un litro di alcool e mettiamo tutto insieme. poi il vaso deve stare al buio per un mese e mezzo in attesa di filtrarne il contenuto e aggiungere lo sciroppo, e va agitato una volta alla settimana.

decidiamo per la domenica.

domenica scorsa ho aperto il mobile dove c'era il vaso del mirto, per agitarlo.

il mirto non c'è più.

il cigno ha smesso di cantare.

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