quattro melanzane
un pizzico di coriandolo in grani
otto foglie di menta fresca
due cucchiaini di aceto
dodici datteri
pinoli
un cucchiaio di miele
un cucchiaino di pasta di acciughe
un pizzico di cumino
fate cuocere le melanzane in una pentola di acqua bollente. dopo averle sgocciolate e sbucciate, disponetele in una pirofila, tritate i pinoli e i datteri e metteteli in un recipiente profondo, dove, insieme al miele, verserete l'aceto, il vino bianco e l'olio. in un mortaio pestate poi il coriandolo in grani, la menta e il cumino. dopo aver mescolato tutti gli ingredienti, versate l'impasto ottenuto sulle melanzane. scaldate il tutto fino a quando si alza il bollore. abbassate il fuoco e cuocete lentamente per quindici/venti minuti. condite con sale e pepe, e servite.
questa ricetta, non a caso alessandrina, viene tuttavia attribuita ad apicio, cuoco e gourmet nevrotico, di cui si insinua avesse un rapporto per niente chiaro con druso, fratello di tiberio.
si tratta comunque di un intruglio mediterraneo fatto con la sua materia prima fondamentale, ma che non intende avvalersi delle melanzane per dimostrare che la mediterraneità è faccenda poco chiara, al di là di quanto sostengono de chirico, d'ors e joan manuel serrat. nell'inventario delle mediterraneità figurano per diritto estetico proprio il pino, l'alloro, il limone e l'ulivo, senza sapere quale distrazione creativa fece sì che geova, in fin dei conti mediterraneo, collocasse un oggetto brutto e ambiguo come la melanzana tra la flora e la fauna del mare nostrum.
perché, tanto per cominciare: la melanzana è carne o verdura? domanda sbagliata per iniziare una cena, meglio schivarla. eppure durante una cena di omosessuali maschi, alla quale questo piatto calza a pennello, non sarebbe disdicevole un pizzico di erudizione e, a un certo punto, mentre si descrive l'aspetto fallico-demoniaco della melanzana nera, si può ricordare l'ambiguo rapporto tra apicio e druso, all'ombra di quel pazzo furioso che si chiamò tiberio.
piatto per l'estate e per il mare. il mediterraneo, perché no?
conviene che i commensali siano piuttosto abbronzati.
(gallipoli, maggio 2007)
(da manuel vázquez montalbán, ricette immorali)
un pizzico di coriandolo in grani
otto foglie di menta fresca
due cucchiaini di aceto
dodici datteri
pinoli
un cucchiaio di miele
un cucchiaino di pasta di acciughe
un pizzico di cumino
fate cuocere le melanzane in una pentola di acqua bollente. dopo averle sgocciolate e sbucciate, disponetele in una pirofila, tritate i pinoli e i datteri e metteteli in un recipiente profondo, dove, insieme al miele, verserete l'aceto, il vino bianco e l'olio. in un mortaio pestate poi il coriandolo in grani, la menta e il cumino. dopo aver mescolato tutti gli ingredienti, versate l'impasto ottenuto sulle melanzane. scaldate il tutto fino a quando si alza il bollore. abbassate il fuoco e cuocete lentamente per quindici/venti minuti. condite con sale e pepe, e servite.
questa ricetta, non a caso alessandrina, viene tuttavia attribuita ad apicio, cuoco e gourmet nevrotico, di cui si insinua avesse un rapporto per niente chiaro con druso, fratello di tiberio.
si tratta comunque di un intruglio mediterraneo fatto con la sua materia prima fondamentale, ma che non intende avvalersi delle melanzane per dimostrare che la mediterraneità è faccenda poco chiara, al di là di quanto sostengono de chirico, d'ors e joan manuel serrat. nell'inventario delle mediterraneità figurano per diritto estetico proprio il pino, l'alloro, il limone e l'ulivo, senza sapere quale distrazione creativa fece sì che geova, in fin dei conti mediterraneo, collocasse un oggetto brutto e ambiguo come la melanzana tra la flora e la fauna del mare nostrum.
perché, tanto per cominciare: la melanzana è carne o verdura? domanda sbagliata per iniziare una cena, meglio schivarla. eppure durante una cena di omosessuali maschi, alla quale questo piatto calza a pennello, non sarebbe disdicevole un pizzico di erudizione e, a un certo punto, mentre si descrive l'aspetto fallico-demoniaco della melanzana nera, si può ricordare l'ambiguo rapporto tra apicio e druso, all'ombra di quel pazzo furioso che si chiamò tiberio.
piatto per l'estate e per il mare. il mediterraneo, perché no?
conviene che i commensali siano piuttosto abbronzati.
(gallipoli, maggio 2007)
(da manuel vázquez montalbán, ricette immorali)
Adoro le melanzane, non posso vivere senza.
RispondiEliminaOra, dopo aver letto questo post, non potrò più vivere senza analista per capire perchè non vivo senza melanzane.
Ottimo.
Intanto provo la ricetta...
s.
Quel che non mi è chiaro è perchè pubblichi una ricetta di Montalban senza dichiararne l'autore...
RispondiEliminasemplice: non sapevo che fosse di montalban! non mi dire che è nelle ricette immorali... ce l'ho, e non l'ho riconosciuta! l'ho trovata scritta su quelle lavagne fuori da un ristorante a gallipoli, la primavera scorsa.
RispondiEliminagrazie per la segnalazione, provvedo subito.
La melanzana può essere bianca, lilla e non solo nera -in realtà un violetto molto scuro- tonda e non solo oblunga, così perchè ritenerle fallo-demoniache e financo omosex?!
RispondiEliminaLa ricetta è interessante ma la doppia cottura distrugge sapori e vitamine mentre proporrei di scottarle alla piastra e poi farle marinare nell'intruglio per almeno un giorno.
Cercavo la ricetta e ho trovato questo blog.
Un saluto,
Raffaele
boh^
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