Capperi che olive!
Mio papà
Sono anni che lavoro su questo, in lungo ed in largo, c'ho scritto anche una tesi, potrei tenere delle conferenze sull'argomento.
Non esiste davvero una risposta, come dice il Buddha ne esistono almeno settemila per ciscuna domanda, ma alle volte pare una forza occulta ad impedire l'evoluzione del proprio copione, riportandoci indietro in un istante, tutti quanti, alla matrice originaria, rendendola l'unica possibilità di essere, un faticoso tentativo di comunicazione tra l'adulto che siamo ed il bambino interiore che ci portiamo dentro, inconsapevoli per lo più del terreno dove ci stiamo muovendo, se non a sprazzi, un' ostinata lotta dentro dinamiche inafferrabili, senza esclusione di colpi verso noi stessi e gli altri. Automatismi che ci costringono ad un inutile fardello di sofferenza, spazzando via ferocemente il qui e ora come unico momento reale per viverne uno che non esiste più, che non rappresenta nemmeno più un centesimo della minaccia che rappresentava allora, quando lo abbiamo messo in atto come unica possibile strategia.
E pensare che oggi potremmo essere felici molto più di quanto non ci concediamo di essere.
Allora io per tutto questo e per molto altro ancora, mi domando: se mi fanno schifo da sempre, perchè continuo a sentirmi costretta a mettere le carote nella peperonata e non posso liberare la mia ricetta una volta per tutte da quelle insopportabili robine dolciastre a pezzettini arancioni del tutto fuori luogo?
Perchè, come tutti noi, sei attratta dal lato oscuro della Forza.
RispondiElimina...ma il titolo della tesi quale era?
RispondiEliminaSe cominciamo a parlare di tatuaggi e nomi stiamo freschi...
RispondiEliminaO da quando le carote vanno nella peperonata?
RispondiEliminamai capito che senso ha cuocere le carote. sono così buone, croccanti da crude! cotte perdono tutta la loro poesia. le accetto solo nel ragù.
RispondiElimina@perla
RispondiEliminaAvere avuto un'educazione alimentare macrobiotica fa si che rivisitare le ricette sempre e comunque sia cosa normale.
Questo ha molte sintonie con l'applicabilità della cosa nelle cose della vita (nel bene e nel male) e non solo nel cibo, ecco il perchè della metafora.
Implica che tu non ti stupisca affatto se quando mammà dice stasera carbonara! ti trovi un piatto senza traccia alcuna di pancetta.
Figuriamoci se mi scandalizzano le carote nella peperonata.
Altra cosa è liberarsene consapevolmente perchè non ti piacciono.
Comunque il principio non è quello dell'inviolabilità delle ricette, che per altro devo dire che mi sta un pò sui maroni, è un pò come quella faccenda della coerenza che detesto.
Il principio è che farsi carico di quella roba là sopra significa essere centrati sui propri gusti.
Fare delle scelte.
Non attuare automatismi.
Nè quello del retaggio macrobiotico nè quello della tradizione inalterabile come ci fosse un modo univoco di fare una qualsiasi cosa.
(nella vita come nella cucina)