io non sono un tipo da dolci.
sono convinto che il mondo dei cucinatori sia diviso tra i salati e i dolci. i salati amano improvvisare, fare con quello che c'è, correggere e cambiare a metà dell'opera. in qualche modo si salvano sempre, decidono all'ultimo secondo la voglia e se qualcosa va male, possono sempre dire che la strada delle grandi invenzioni è lastricata di quasi successi.
i dolci, invece, sono metodici. pianificano con precisione, preparano un gantt mentale delle fasi della cucina, tengono sotto controllo la temperatura, il tempo, l'umidità, il peso esatto. guai a sgarrare di un millimetro. se cucinano senza ricetta è perché l'hanno mandata a memoria, e ormai è indelebile.
io non sono un tipo da dolci, sono un impreciso imperfetto emotivo salato.
per questo quando ho visto la ricetta dei bigné, ho pensato ai profiterol. ci provo, mi sono detto. non amo fare i dolci, faccio solo lo strudel della nonna ma solo per motivi affettivi. il profiterol non è stata una scelta dettata da un fine, ma da un punto di partenza (la ricetta dei bigné trovata per caso sul corrierone), e dalla voglia di giocare, accettando l'eventualità di sbagliare e buttare via tutto, ma sapendo che nel mezzo ci si è divertiti.
e chissenefrega se i bigné nel forno si toccano
e chissenefrega se appena tirati fuori, se si agitano si smontano
e chissenefrega se la temperatura e il tempo di cottura li ho beccati solo per l'ultima, definitiva, marginale infornata
e chissenefrega se ci va mezzo pomeriggio
e chissenefrega se non avevo mai usato una tasca da pasticcere e mi sono inzaccherato le mani: leccarsi via la panna poi è un piacere
e chissenefrega se la crema pasticcera non è la copertura giusta, era buonissima lo stesso.
e poi ho anche vinto alla gara delle macchinine, dopocena, alle quattro del mattino.
sono convinto che il mondo dei cucinatori sia diviso tra i salati e i dolci. i salati amano improvvisare, fare con quello che c'è, correggere e cambiare a metà dell'opera. in qualche modo si salvano sempre, decidono all'ultimo secondo la voglia e se qualcosa va male, possono sempre dire che la strada delle grandi invenzioni è lastricata di quasi successi.
i dolci, invece, sono metodici. pianificano con precisione, preparano un gantt mentale delle fasi della cucina, tengono sotto controllo la temperatura, il tempo, l'umidità, il peso esatto. guai a sgarrare di un millimetro. se cucinano senza ricetta è perché l'hanno mandata a memoria, e ormai è indelebile.
io non sono un tipo da dolci, sono un impreciso imperfetto emotivo salato.
per questo quando ho visto la ricetta dei bigné, ho pensato ai profiterol. ci provo, mi sono detto. non amo fare i dolci, faccio solo lo strudel della nonna ma solo per motivi affettivi. il profiterol non è stata una scelta dettata da un fine, ma da un punto di partenza (la ricetta dei bigné trovata per caso sul corrierone), e dalla voglia di giocare, accettando l'eventualità di sbagliare e buttare via tutto, ma sapendo che nel mezzo ci si è divertiti.
e chissenefrega se i bigné nel forno si toccano
e chissenefrega se appena tirati fuori, se si agitano si smontano
e chissenefrega se la temperatura e il tempo di cottura li ho beccati solo per l'ultima, definitiva, marginale infornata
e chissenefrega se ci va mezzo pomeriggio
e chissenefrega se non avevo mai usato una tasca da pasticcere e mi sono inzaccherato le mani: leccarsi via la panna poi è un piacere
e chissenefrega se la crema pasticcera non è la copertura giusta, era buonissima lo stesso.
e poi ho anche vinto alla gara delle macchinine, dopocena, alle quattro del mattino.
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