il brasato ha avuto quattro sere impegnate di fila. una con quindici amici autoinvitati che si sono autogestiti una festa a casa sua, portando una quantità di alcool imbarazzante e restando lì fino alla strage delle bottiglie. e già il brasato ne è stato felice ma ne ha patito le conseguenze. la sera dopo è uscito a cenagreca, si è divertito, ha mangiato e chiacchierato, ha ascoltato storie senza riuscire a starci dietro, e ovviamente ha finito la sera alle due e mezzo, completamente brasato. la terza sera doveva essere di recupero, e invece è finita a bere una bottiglia e mezzo di bianco in due, non facendo troppo tardi ma brasandosi di brutto. da quel momento però il brasato era in ottima compagnia di un chilo e mezzo di scamone, annegato nel barolo con tre chiodi di garofano, un pezzetto di cannella e quattro foglie di alloro. il brasato guardava il quasibrasato con invidia, così a mollo nella marinata, nel suo angolo fresco di cucina, pronto per dormire il sonno dell'ultima notte. al mattino il brasato aveva un mal di testa ridondante, preoccupato per gli accadimenti della giornata e le previsioni gastronomiche della sera. perché sapere già che si mangerà tanto e bene per la quarta sera di fila è preoccupante. in questi casi serve concentrazione, bisogna pensare a quello che si deve fare senza chiedersi troppi perché. per esempio togliere la carne (ormai diventata un ammasso marrone) e il vino (ormai diventato una salsa dello stesso colore della carne) e spezie dalla pentola, metterci mezzo panetto di burro con due rametti di rosmarino, rosolarci la carne da tutti i lati per bene, aggiungere una cipolla grossa a pezzettoni, due carote e due stecconi di sedano, due spicchi d'aglio e rosolare finché le verdure cominciano a dare il loro contributo. a quel punto torna il vino: lasciando in pace le spezie che hanno già dato il loro contributo, il brasato rimette l'ex vino nella pentola, fa bollire e abbassa il fuoco al minimo.
allora il brasato diventa un maestro zen. per quattro ore chiacchiera, beve, chiacchiera, gira la carne, chiacchiera, bagna la carne col sugo, sorride, gira la carne, chiacchiera... e il pomeriggio passa meravigliosamente, nella cucina e con le persone che ama. due brasati che si incontrano e scoprono, assistendo alla gioia di due sue amiche che si incontrano e scoprono e piacciono. lui le guarda e le ascolta ed è felice dentro.
poi il brasato tira fuori il brasato dalla pentola, frulla le verdure e alza il fuoco per far ridurre il sugo. quando la carne è fredda la taglia spessa, la rimette nel sugo a scaldare un po', e la serve col suo sughetto vicino. brasato, e felice.
bel post, e il brasato ha il suo perche'
RispondiEliminatorna il vino...che non se n'era mai andato... quel brasato ha sobbollito tutta la notte anche in una mansarda orobica ...almeno virtualmente...visivamente con suo marrone denso da brodo primordiale...ma l'odore quello c'era davvero ..persistente ..speziato di chiodi di garofano e risate ..infiltratosi nella trama di un maglione e parcheggiatosi li. caldo.. pieno di cuore. e fuori c'è la neve ..così bianca ...caduta in punta di piedi stanotte ...che la sentivo appoggiarsi con grazia tra una tegola l'altra. che belli che siete.
RispondiEliminacaro brasato, il brasato era ottimo. e io sono ancora piena da ieri sera!
RispondiEliminail dettaglio che si potrebbe aggiungere-se il brasato lo ritiene plausibile- è che per fare ridurre il sugo piuttosto che il fuoco alto è preferibile fare una pallottola di burro e farina e metterla con delicatezza nel sugo lungo a fuoco basso.
RispondiEliminaIn pochi minuti la corposità desiderata è raggiunta e il gusto...oh, il gusto...
@lise, allora era pesante!!!
RispondiElimina@light, non sarebbe ancora più pesante?
Ma il brasato non è pesante!
RispondiEliminaNon devi eccedere col burro: una noce -insomma non piccina- con un po' di farina e il gioco è fatto.
Poi magari racconto la cena di oggi (ieri?).