5 novembre 2009

Crudo, cotto e putrido

Hai presente quelle domeniche che hai voglia di cucinarti qualcosa di buono ma fai mente locale e ti rendi conto che qualunque sia la ricetta che vuoi fare ti manca sempre almeno un ingrediente fondamentale e la Coop è chiusa perché è domenica e quindi niente, e magari ci sarebbe qualcosa da mangiare in alternativa ma non è per niente sfiziosa – perché non si tratta tanto di soddisfare il bisogno primario di sfamarsi quanto quello di sentirsi realizzati in cucina – e quindi quasi quasi ti passa del tutto la voglia di mangiare? Bene: a me capita anche il mercoledì.

Dopo un piatto di fagioli a pranzo – sì, sono tornati – volevo una cena leggera, ma non inconsistente. L'idea di cenare con un'arancia e una tazza di tè mi ha sfiorato per un lasso di tempo molto (molto) breve; un piatto di Orecchiette, broccoli e mollica fritta mi sembrava eccessivo, e poi non avevo il pane da sbriciolare, perché è diventato duro; mi sarebbe piaciuto trasformare il pane duro in Cialledd, ma mi mancavano i pomodori; ho provato a tagliarlo per farne dei crostini da accompagnare, a mo' di aperitivo, con un po' di pecorino che andava consumato perché iniziava a fare la muffa, ma il pane alla prova del coltello si è rivelato più che duro: roccioso.

Non avevo molta scelta. Le prospettive per la cena erano solo due: 1) accettare la scatoletta di Simmenthal del coinquilino; 2) inventarmi qualcosa.

Dunque ho preso a ciabattare su e giù per la casa, valutando più o meno lucidamente le possibili combinazioni di sapori a mia disposizione e cercando di stimolare un'idea che fosse leggera e allo stesso tempo soddisfacente, mentre Piero (il coinquilino) riversava nel suo piatto il contenuto della scatoletta e ne grattava il fondo con la forchetta. Fulminea e inaspettata, seppur a lungo invocata, tra un passo e un graffio di metallo e un passo e uno spiaccicamento di gelatina, come una visione sciamanica – una versione più selvaggia della classica lampadina – ha preso forma davanti al mio terzo occhio l'idea un po' sfocata di una ricetta che fin dalla scoperta del fuoco è sempre stata scritta nel destino dell'umanità e aspettava solo che venisse alla luce colui che sarebbe stato in grado di cucinarla (che sarei io).

2009-11-03 Arance, broccoli e pecorino 003
I cibi si presentano infatti in tre condizioni fondamentali, crudi, cotti o putridi. Rispetto alla cucina lo stato crudo rappresenta il polo non marcato, mentre gli altri due sono fortemente connotati, ma in direzione opposta: il cotto è una trasformazione culturale del crudo, il putrido è la sua trasformazione naturale.

(Citazione di Claude Lévi-Strauss copincollata da questo bell'articolo. Il famoso triangolo culinario, invece, è questo.)

Quando il selvaggio che è in noi si risveglia non c'è né da esitare né da pianificare: bisogna lasciarsi andare, seguire l'istinto, presentire e pregustare. Se si lascia al dubbio il tempo di insinuarsi e far domande, è finita.

E io non ho perso un attimo: ho messo l'acqua sul fuoco, ho lavato i broccoli e ho sbucciato un'arancia; ho buttato i broccoli in pentola, ho sbattuto il pecorino sul tagliere e ho deposto l'arancia a spicchi nel piatto; ho fatto a pezzi gli spicchi, ho tagliato il pecorino a quadretti e ho scolato i broccoli bolliti; ho condito l'arancia con olio e sale, l'ho cinta di broccoli e ho incoronato tutto con dei raggi di pecorino.
Crudo, cotto e putrido in un piatto solo. È ideale per l'aperitivo o come antipasto. Un bicchiere di birra è la morte sua.

2009-11-03 Arance, broccoli e pecorino 005

2 commenti:

  1. la seconda immagine è bella e golosa, mi piace. a prescindere dal piatto in pseudo-limoges, ovviamente :)

    non riesco a capire come si siano sposati i gusti contrastanti comunque ho da farti i miei complimenti per:
    - non aver ceduto alla scatoletta (quella roba dovrebbe essere proibita per legge);
    - aver avuto iniziativa;
    - aver realizzato il piatto e perso tempo persino per fotografarlo, nonostante la fame.

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