Lotta di cinghiali: chi lo vuole che di cinghiale sappia, chi lo vorrebbe decinghializzare. Che comunque immagino che il cinghiale non voglia assomigliare al maiale, schiavo cugino, e se proprio proprio fosse chiamato ad una scelta, preferirebbe essere ricordato come carne selvaggia e non troppo addomesticata (ma mi sa che i cinghiali se ne fregano e vorrebbero soltanto continuare a cercare tuberi nei boschi qui vicino).
Comunque, non siamo qui per fare filosofia.
Prendi un bel pezzo di cinghiale e taglialo a pezzettoni, con un coltello di ceramica (mica per altro, è che è più carina la lama bianca sul rosso scuro).Lascialo a bagno per qualche ora in vino rosso non troppo pregiato non troppo scadente: barbera spesso, va benissimo. Spargici chiodi di garofano grani di pepe pochissima noce moscata pochissimissima cannella due foglie grasse di alloro.
Poi: se sei uno sfigato come me, prendi una pentola di terracotta (se no, userai la meravigliosa e pesantissima casseruola di ghisa e acciaio di Le Creuset, che prima o poi mi compro, ecco). Un pezzo di burro, sedano carota e cipolla.
Soffriggi, a fuoco bassissimo, ça va sans dire. Nel frattempo pulisci qualcosa, metti in ordine, che non vogliamo lasciare la cucina un cesso, no?
Quando il soffritto è pronto, alzi il fuoco, ci butti la carne e la fai rosolare affinchè si produca la ben nota rezione di Maillard, (per far capire che non sono troppo grezzo, un po’ di argenteria intellettuale in mostra).
A questo punto, ci metti il vino della marinata e fai cuocere lentissimamente ore e ore e ore, aggiungendo vino rosso o bianco se dovesse asciugare troppo.
Fai poi la polenta, con la migliore farina che trovi (tanto più di due euro è impossibile spendere).
Bevici sopra il miglior rosso di cui disponi.