14 gennaio 2011

Bombolone

Non conosco la ricetta e a dire il vero nemmeno la provenienza geografica dello stesso. Una sera ubriaca ho discusso sull'origine dello stesso. Quando questa storia e' stata pubblicata in un luogo assolutamente non coerente, ho scoperto che per me era stato un colpo di fulmine. Osare l'inosabile. E divertirsi da matti. A me il bombolone mi e' sempre piaciuto con la marmellata. Imprevedibile e non filologico come tutto ciò che ha fascino. Vorrei rispondere con un altro volo fantastico su questo dolce. Chi sa raccontarmi una storia su di lui?

13 gennaio 2011

il bello di ospitare le cene del forno in casa propria è che poi nonfai la spesa per due settimane

a chiunque abbia dimenticato a casa mia la confezione di pasta sfoglia bui***i che scade domani, e anche a chi ha lasciato un barattolo di crema di pomodori ca**i, volevo dire che ho spalmato la crema sulla pasta, l'ho piegata in due e l'ho messa in forno.
così, giusto perché domani scade e non ho altro in casa.

p.s. il barbera (maschio perché è pavese, giusto?) ci sta pure bene

10 gennaio 2011

La dieta è

Preparare una zuppa di verdure per tre e congelare una porzione per la sera che sei a casa da sola.

7 gennaio 2011

confermo

Il carciofo, lasciato tutto intero ma allargando i petali come un girasole, e poi coperto il cuore con un riso alla pilota, il carciofo, così, mi è perfetto.

4 gennaio 2011

Professional confectioner: don't try this at home

Non sai esattamente cosa ti avesse preso quel giorno, quando hai visto lo stampo da pandoro da Medagliani, anche se una parte di te sapeva che eri andata lì per quello (e per la bastardella, il termometro, il cannello, il colino chinoise...), quella stessa cosa che ti aveva preso pensando: "Tra Natale e Capodanno sono in vacanza, provo a fare il pandoro".
La ricetta sul tuo libro l'hai letta almeno dieci volte, ti sei proprio programmata la giornata, anzi, le giornate, perché sì, il pandoro si fa in due giorni, lievita per ore e quelle ore si trascorrono incrociando tutte le dita delle mani e dei piedi che vada tutto bene, dal che si capisce che non si può poi andare da nessuna parte così intorcigliati. Al massimo su twitter ad ammorbare i followers con tutte le fasi.
Dunque, per prima cosa si prepara il lievitino con farina manitoba, acqua, un tuorlo e lievito di birra. Si lavora e si lascia lì. Dopo un po' si prepara il primo impasto, con il lievitino, altra farina, altra acqua, un po' di zucchero (ma poco), un po' di burro e un uovo. Si lavora e si lascia lì. Poi si prepara il secondo impasto (attenzione, se uno si è già stufato sappia che non si è a nemmeno un terzo del lavoro) aggiungendo al primo impasto altra farina, zucchero, un po' di sale e di vaniglia e un altro uovo. E qui si lavora parecchio, pregando tutti i santi che non fonda il motore dell'impastatrice, che si surriscalda tutta e implora di smettere. Solo quando tutto il calendario è stato pregato, indovinerà il sagace lettore: si lascia lì. Intanto si tira fuori il burro (solo 140 gr), per la sfoglia.
Dopo tutto questo lasciar lì, l'impasto si prende e si mette in frigo (o sul balcone che è uguale) e... si lascia ancora lì! Poi si ripiglia, dopo almeno mezz'ora, si tira col mattarello a quadrato, ci si spalma sopra il burro, si chiude tutto a busta, si tira ancora col mattarello e si dà la prima sfoglia (cercare tutorial su youtube, che a spiegarlo a parole ci si mette un'ora), si mette il panetto sfogliato in frigo e si lascia lì. Repeat "sfoglia e lascia lì (in frigo)" x 3.
Ora, se uno si è programmato per bene, imburra benissimo lo stampino, taglia a metà il panetto (eh, perché lo stampino è da mezzo, ma se è da intero ovviamente no), lo lavora a palla e lo mette a lievitare tutta la notte nello stampino. Se si è programmato male ciccia, deve aspettare lì, con l'occhio puntato per ore e ore che l'impasto strabordi dallo stampo. Niente trucco e niente inganno: ci vogliono dalle otto alle dieci ore.
Cuocere in forno per venti minuti, magari coprendo con alluminio, che a te la parte sopra è venuta scura scura e il resto no. Ripetere ultima lievitazione (ci vorrà un po' meno, tipo quattro/sei ore) e cottura col secondo impasto.
Zucchero a velo e voilà, stremati da tutto questo lasciar lì, potete servire agli amici.

Lenticchie Uber Alles


Avrebbe dovuto essere un'armata in rivolta, migliaia di lenticchie corazzate in lotta per liberarsi da una schiavitù millenaria: quella del contorno! La strategia è stata ben pianificata, però l'esito imprevisto del traffico culinario ha spostato la loro marcia alla fine proprio accanto al loro feticcio per eccellenza: il cotechino!
La prima fase ha messo in campo le avanguardie "cubetti di pancetta" a rosolare nell'olio, ricoperte da un trito mimetico di scalogno, carota e sedano. Quando i profumi hanno conquistato l'aria le lenticchie assaltano con mezzi da sbarco navigando su di un mestolo di brodo (detto acqua e dado vegetale in codice N.A.T.O.). Fa da rinforzo una cucchiaiata abbondante di passata di pomodoro e una foglia di alloro. Nascoste dal coperchio restano in agguato nel tegame quanto serve per cuocere.
Alla fine si lanciano orgogliose, ma incontrano stomaci pieni e palati saturi, tentano una ritirata nel frigo ma vengono scovate e liquidate definitivamente la sera stessa. Gloria a(l)loro!

3 gennaio 2011

E la mia è più bella, ciccacicca

Qualche tempo fa ero in un ristorante di Rimini (dallo zio, consiglio vivamente a chiunque vada laggiù) e mi servono una insalata di seppie e carciofi così ùh! che è finita subito tra le cose da rifare prima o poi.
E magari avevano ragione loro a far le seppie in padella e aggiungere spicchi di carciofo crudo e servire appena tiepido nei piatti, però i miei cestini son più belli.
Molto, molto, molto bellissimi.
(secondo me ci si può fare anche il risotto, così)
(lo so che dovrei scriver così come, ma tanto sammy li ha fotografati e se li vedi si capisce meglio)
(ma belli..)

cenanzo

dopo i capodanni ci sono le cene degli avanzi. ci si trova a casa di qualcuno e si mettono insieme gente e cibi avanzati dalle feste della sera precedente.
apro il frigo e trovo che dalla jam session capodannesca sono rimasti:
- un rotolo di pasta sfoglia pronta all'uso
- un tot di lasagne fresche
- due melanzane
- un peperone
- tre uova
- quattro fette di cotechino
- due cucchiai di lenticchie
- un cespo di trevisana
- mezza busta di parmigiano grattugiato (se becco chi me l'ha portata in casa non lo invito più)
- mezzo panetto di burro
- mezza fetta di scamorza

vabbé per farla breve ho buttato tutto in padella, con la metà ci ho mischiato le uova e ho farcito la pasta sfoglia e l'ho messa insieme agli amici con cui non ho fatto il capodanno, la sera dopo.
e con l'altra metà ho farcito le lasagne, e le ho messe insieme a un sottoinsieme di cui sopra, il pranzo del giorno dopo ancora.
quando si dice ottimizzare.

risotto al-laka-zzo


catteristica principale di questo risotto è la variabilità intrinseca, dato che gli ingredienti o comunque la loro interazione viene decisa sul momento.
a un certo punto ammetto che avevo pensato di metterci del campari.
ma non l'ho fatto.
un giorno però lo farò, è una promessa che faccio a me, mentre a voi prometto che lo farò da solo, senza coinvolgervi. la prima volta almeno.

passiamo a risotto al-laka-zzo di capodanno (in alcune parti dell'egitto questo risotto viene chiamato fig-hasal-atha).
si parte, come per tutti i risotti, imbiondendo della cipolla (in questo caso con poco burro) e facendo tostare il riso, avendo nel fuoco in fianco il sempre fidato brodo di carni del giorno prima (manzo e pollo, carota-sedano-cipolla).
si prosegue gettando brandelli di cuori di carciofo tra un'innaffiata di brodo e un'altra.
a una certa inserisco dei pomodorini che avevo messo precedentemente nel brodo a sbollentare per facilitare l'operazione di spellamento.
susseguentemente decido che sono pochi e allora aggiiungo dei pomodori secchi tagliati al-laka-zzo.
a una certa mi ricordo che devo salare ma non ho voglia e quindi sminuzzo grossolanamente dei capperi sotto sale.
rimesto tutto, noto che il brodo sta finendo, assaggio e decido che va bene.
spengo il fuoco, butto una noce (alla guerrino) di burro e parmigiano-reggiano e manteco.
impiattando è stato aggiunto dell'ottimo prezzemolo avanzato da non so cosa e a scelta una spolverata di parmigiano-reggiano.

1 gennaio 2011

se i giapponesi mangiassero carne

ho un amico giapponese. non so nemmeno come si chiama, perché si firma con un nick. l'ho incontrato in maggio, pedalando verso novi sad. l'ho sorpassato, e salutandolo lui mi ha fatto cenno di femarmi. scambio di mail, qualche chilometro di strada insieme, poi ci siamo salutati.
da allora mi manda, ogni tanto, una mail di saluti: una per l'inizio dell'autunno, una per il natale (dicendo che non sa cos'è ma mi fa gli auguri), una per l'anno nuovo. diche che è l'anno del coniglio, e racconta una storia incomprensibile, deve aver scritto in inglese con il traduttore di google.
questo è tutto quello che so del giappone. so che mangiano pesce crudo arrotolato nelle foglie di alghe. io tutto il pesce crudo lo chiamo sushi, in qualunque forma. forse potrei chiamarlo sushi anche se non fosse pesce.
così ho pensato di fare il sushi di carne.
uno era una tartare con limone, olio, prezzemolo, pepe, grani di senape (li trovate in un negozietto di via vitruvio), cipollotti, scorza di limone. arrotolato in una striscia di melanzana grigliata, e legato da un filo di erba cipollina.
uno era un carpaccio di manzo condito più o meno con le stesse cose, riempito di insalatina e parmigiano, arrotolato e legato da un filo di erba cipollina.
il terzo era andato vitello, ma è tornato manzo. spalmato di salsa tonnata e riempito di sedano e carota tagliati alla julienne. arrotolato e legato da un filo d'erba cipollina.