26 febbraio 2010

Mare, profumo di mare...

È facile dire il pericolo è il mio mestiere quando di professione fai l’agente segreto, ma hai mai provato a portare in macchina una schiappa di stoccafisso? Vogliamo parlarne? Quello si che è pericoloso. E io ciò le prove! Non è tanto il tragitto dal punto di acquisto a casa, perchè nonostante la temperatura esterna sfiori gli 0°C puoi sempre tenere i finestrini abbassati o guidare con la testa fuori dall’auto (l’ideale sarebbe avere una macchina cabrio, ma nella vita non si può avere tutto e comunque con questo freddo e questa pioggia sfido chiunque a girare con la capote abbassata). Il vero pericolo si protrae nel tempo, perchè per mesi chi salirà sulla tua auto ti chiederà dove hai comprato quell’Arbre Magique alla delicata fragranza di stoccafisso...
Comunque c’è da dire che il gioco vale la candela perchè quando arrivi a casa, e sfiletti a pezzettini lo stock (di quello tenuto in ammollo), lo strizzi bene in un canovaccio per eliminare l’acqua in eccesso e lo metti crudo in un piatto con origano, capperi, olive (taggiasche), acciughe (di quelle sotto sale nelle arbanelle), uno spicchio d’aglio e un filo d’olio extravergine, avrai un piatto che è una delizia.

Rimarrà anche in casa un leggero ‘aroma’ di stock, ma se abitate in città come la mia, alla domanda dei vicini curiosi ‘ma lo senti anche tu questo odore di pesce?’  potete sempre rispondere con una espressione vaga ‘eh, si, mi sa che oggi tira vento di mare’ o magari dicendo che probabilmente Giuan, ha posteggiato nella strada li vicino l’Ape Pocker della pescheria...

24 febbraio 2010

l'angolo della zitella

Noi zitelle soffriamo le cose confezionate. Noi zitelle parsimoniose, dico.
Metti i limoni.
I limoni stanno in quelle retine piene di limoni e noi zitelle riusciamo ad usarne uno il giorno dell'acquisto mentre gli altri inesorabilmente subiscono la metamorfosi in noce.
Bene, la vostra zitella preferita ha avuto l'idea che combierà le sorti di tutte le genti parsimoniose del mondo:
non appena i limoni assumono l'aria triste del limone abbandonato nel frigorifero tagliateli tutti a metà.
Spremeteli.
Mettete il succo nelle vaschette da ghiaccio.
E le vaschette da ghiaccio nel freezer.
Prima o poi vi occorrerà il succo di mezzo limone - 1 cubetto - o addirittura quello di un limone intero - due.
E l'avrete lì, pronto da usare.
Applausi.
Sipario.

[Al prossimo giro tento anche il rinsecchimento della buccia grattuggiata.]

I proverbi non hanno affatto sempre ragione

Viecchi, fimmini e vrocculi sciuruti comu i fa i fa su sempri pirduti
(in vecchi, donne e broccoli in fiore non c'è da prendere niente)

BUGIA!
io in inverno ho il frigo pieno di cavoli e broccoli.
E tanti me li dimentico e vanno in fiore dentro al ripiano.
Che detto così sembra pure una poesia ma non lo è intenzionalmente.
E coi broccoli ci faccio una roba semplice e velocissima ma buona assai.
Li lesso, li metto nel minipimer e con pochissima acqua di cottura li frullo in crema.
Poi in una ciotola ci aggiungo olio crudo, parmigiano e tanto pepe.
Ed infine ci condisco la pasta o i gnocchi spolverizzandoli di semi (lino, girasole, zucca).

In quanto alle donne in fiore, beh,
parliamone.

23 febbraio 2010

La bomba di Soverato

Tutto abbastanza semplice.
Una giornata del cazzo e la necessità VERA di un piatto robusto abbastanza invernale.
Due cose non so fare, mettere il sale (assaggio di continuo e spesso finisco pure), dosare a seconda delle persone (sono il re del congelamento dell'avanzato).
Per cui arrangiatevi.
Butto sul fornello la padella con l'aglio e l'oliopugliese tosto, soffriggo un pelo e ci sbatto dentro le acciughe a sfaldarsi.
Di là ho lessato i broccoli a cimette, ma mi piacciono croccanti e li tiro fuori ancora duretti, li aggiungo alla padella del soffritto però aspetto ancor a tirare via l'aglio.
Ci sono poi quelli che sottilizzano sulla stessa acqua dei broccoli per la pasta o in contemporanea o finezze del genere.
Se siete in bestia dopo una giornata dibbestia 'ste robe non si guardano, orecchiette per forza, la cavità raccoglie il broccolo come niente al mondo.
Poi la folgorazione.
Checcazzo vogliamo far tremare il pavimento o no?
C'è quel barattolo che ti guarda dall'alto della mensola della cappa, rosso, rossissimo, l'etichetta dice "La Bomba di Soverato".
Lo apri e capisci che gli artificieri dell'esercito lo vieterebbero a capodanno, ha un aroma di peperone, lo assaggi a lingua tesa e le papille telefonano all'UNICEF.
Bella.
Scucchiai nei broccoli in padella ridendo di gusto.
Scoli la pasta e fai saltare, estrai l'aglio.
Non basta una Menabrea, non ne bastano due, alla terza rutti soddisfatto e sbruciacchiato maledicendo il cielo e l'intera umanità.
Forse salvando Soverato.

sconsiglio

Se ti viene voglia di impanare delle fettine di fegato e poi cuocerle sulla bistecchiera elettrica sappi che stai per farti una pessima cena.
Non molto diversa da gommapiuma ingessata, per intenderci, anche se al gesso hai mischiato sale, pepe, aglio e prezzemolo tritati.

20 febbraio 2010

fritta-forum

ora le sento su dal nostro moderatore perché sovverto l'ordine precostituito. come sempre. per cui questa non è una ricetta ma è piuttosto un bisogno di conferme. e voi in quanto gruppo d'ascolto [giusto???] dovreste ottemperare ai vostri doveri.

insomma mi chiedevo, che c'ho in frigo quelle dieci ova fresche che non so che farne  e visto che qui nel forno  gira gente di tutta italia, ma la frittata ?

  • al forno - in padella

  • con il latte - senza

  • col formaggio - senza

  • bicarbonato per farla alzare ? (la frittata...)  

  • altre ed evntuali

Ditalini rigati, lenticchie e salmone

Quando un mucchio di persone si autoinvitano a cena da me, mi sento autorizzato a usarle come cavie per i miei esperimenti. L'idea perversa era di mettere nello stesso piatto lenticchie e salmone.

Per non lasciare le cavie a bocca asciutta in caso di fallimento, ho preventivamente scongelato una focaccia che mi ero portato dalla madre patria e ho preparato dei crostini di burro e salmone con una spolverata di pepe bianco e dell'erba cipollina; poi sono entrato nel laboratorio.

Dunque, le lenticchie si fanno normali, ma non so dire come, visto che ce le avevo già cotte da mia madre e messe sotto vuoto. Le ho solo riscaldate. Il salmone va fatto a pezzettini, messo in un soffritto di burro e cipolla e sfumato con un goccio di vino bianco. La pasta che ho scelto sono i ditalini rigati, che secondo qualche cavia sono pasta da brodo, ma io ho sempre sognato di usarli per un'insalata.

Le proporzioni di lenticchie e salmone devono essere più o meno di due a tre, anche se un paio di cavie avrebbero voluto un po' più salmone, e forse avevano ragione.

Ho capito che l'esperimento è riuscito quando ho notato che era avanzata ancora della focaccia e le cavie hanno chiesto una seconda porzione.

L'unico errore è stato l'abbinamento con la bevanda: ho servito del vino, ma è un piatto da birra.

18 febbraio 2010

Dite che ho bisogno d'affetto?

Prima ho dipinto con foga, presa da un raptus creativo o da non so cosa, io di solito non faccio la pittrice, ma ero inquieta e allora ho lavorato per più di un'ora con gli appunti, la colla, i colori acrilici e l'acqua.
Poi ho cenato, baccalà al sugo con le cipolle che aveva fatto mia madre e magari la ricetta me la faccio spiegare un giorno.
Poi ancora ho messo in ordine, più o meno, la stanza.
Ho scritto un po'.
E poi mi è preso che volevo la crema e me la son fatta con due tuorli due, tre cucchiai di zucchero che mi viene sempre poco dolce e allora abbondiamo, due cucchiai scarsi di farina, un bicchiere e mezzo di latte, buccia di limone e cannella.
L'ho mangiata, tutta, mentre chiacchieravo al telefono con un'amico.
Mi sentivo anche piuttosto allegra.

17 febbraio 2010

concorso

all'insegna di "in cucina non c'è concorrenza ma condivisione", ricevo e pubblico con piacere (ma quanto mi fa sentire direttore questa frase):

Gentilissimi,

è con grande piacere che Procope Studio, insieme Kiasma Associazione Culturale e Club22, vi presenta il concorso Ricette delle nuove famiglie d’Italia.

Il concorso è indirizzato a tutte le “nuove famiglie” della nostra penisola, ossia a tutte quelle tipologie di famiglia che non possono essere inquadrate nella ormai troppo tradizionale definizione di “famiglia nucleare”.

Ricette delle nuove famiglie d’Italia si propone, infatti, di raccontare l’evoluzione del concetto di famiglia in Italia attraverso il cibo, che, oltre a essere un utile mezzo di aggregazione, diventa in questo caso un fondamentale strumento di confronto sulle realtà altre con cui quotidianamente interagiamo. “Sei quello che mangi” diventa qui un detto più che mai attuale: attraverso il cibo ognuno racconta qualcosa di sé; attraverso le ricette che ci arriveranno, potremo raccontare qualcosa delle nuove famiglie italiane e dell’Italia stessa. Infatti, assieme alle ricette chiediamo di allegare anche fotografie del piatto realizzato, del gruppo famigliare e un aneddoto o una piccola storia riguardante la famiglia che invia la ricetta.
Fra tutte le ricette arrivate ne verranno selezionate trenta, che saranno pubblicate da Pendragon in un libro in uscita a settembre 2010.

In allegato trovate il comunicato stampa e l’immagine ufficiale del concorso.

Vi invitiamo, quindi, a partecipare al nostro concorso e a diffondere l’invito a partecipare a tutti coloro che possano essere interessati a questo progetto. Maggiori informazioni sono disponibili sul sito: http://www.quantobasta-qb.it oppure scrivete a info@quantobasta-qb.it .

E' possibile scaricare dal sito ufficiale il bando e il modulo di partecipazione che - debitamente compilato e firmato - dovrà essere inviato insieme alle ricette entro e non oltre il 20 febbraio 2010 via mail a ricette@quantobasta-qb.it, oppure in versione cartacea a Concorso ricette delle nuove famiglie d’Italia, Procope Studio, via Santo Stefano 164 – 40125, Bologna.

Con la speranza di risentirvi e di leggere le vostre ricette quanto prima,

cordiali saluti

14 febbraio 2010

Post di contrabbando



Se solo avessero conosciuto l’antefatto, quei canuti avventori del bar della piazza non mi avrebbero guardato come un marziano solo perché ho avuto l’istinto di uscire dal finestrino della macchina come se fossi stato sul Generale Lee… Eh si, perché solo qualche ora prima casa mia sembrava il laboratorio clandestino dello Zio Jesse con cui distilla illegalmente whisky.
Ok, non c’erano gli alambicchi e l’altra strumentazione necessaria ma solo qualche pentola e qualche bottiglia di alchool puro.
Va bene che questo alchool non era illegale ma è stato frutto dell’ultima gita a Livigno (però dai, un pochino irregolare lo era). Anche le arance non erano 'regolari', le ho comprate da quei camioncini abusivi ai bordi delle strade, quelli che le portano direttamente dalla Sicilia. Senza scontrino. È abbastanza fuorilegge così?
E poi durante la preparazione avevo pure una camicia di flanella a quadri sdrucita, salopette e ascoltavo la musica country di John Denver (non è vero, ma nel quadretto ci stava).

Comunque si, mentre dosavo zucchero (3/4 di kg), acqua e alchool (1+1 litro ), mentre ‘pelavo’ la buccia delle 6 arance (guai a lasciare un filo di bianco sotto la scorza, altrimenti lascia quel fastidioso sapore amarognolo) mi sono sentito un po’ un contrabbandiere del profondo sud. Ora non mi resta che sedermi su di una botte in legno e giocare a fare canestro dentro una tinozza con i tappi delle damigiane, nel mentre aspetto che sia pronto questo Arancello, come facevano i produttori di Jack Daniel’s nel Tennessee.

Ops, ho fatto un post alchoolico. Forse ho invertito la tendenza, ma non vuole essere un post discriminante. Poi dai, l’Arancello non ha una gradazione elevatissima. Di norma…

12 febbraio 2010

Meglio tardi che mai (i cioccolatissimi cuore morbido)

"Ma è alla mia portata?" ti domanda la cassiera mentre vede che rimesti l'impasto cioccolatoso.
"Se lo so fare io è alla portata di tutti", rispondi, mentre Cinas tenta di azzittirti, manco avesse parlato l'Artusi, ma invece è vero, tu fai solo ricette facili, che se già ci sono più di tre passaggi o una cottura da controllare per ore ti stufi subito.
Quello che non è alla sua portata, della cassiera intendi, è sciogliere quattro etti di burro e quattro etti di cioccolato insieme, più lo zucchero nell'ultimo fuoco della cucina di Oltra, con il suddetto Oltra che nel frattempo rimesta dell'altro, primo perché tutti e due non ci stanno, secondo perché comincerebbero ad agitare cucchiai e utensili e addio ricette.
Intanto che il composto si fredda si può far imburrare a Cinas e a Silvani sedici pirottini (così avanza uno e Oltra se lo può gustare in santa pace una delle prossime sere), tu comunque mentre loro imburravano alacremente (che bravi! non se ne è attaccato neanche uno), aggiungevi otto uova mescolando piano e poi la farina che ti eri portata da casa, setacciata dentro il setaccio di Oltra, che se tu gli chiedi un accessorio di cucina anche il più assurdo lui ce l'ha. Hai versato l'impasto nei pirottini a due terzi, coperto con fogli di alluminio e disposto educatamente nel freezer appositamente lasciato vuoto (non è vero, c'era il sorbetto, ma occupava pochissimo posto, non dava fastidio, non faceva neanche rumore).
Dopo un numero imprecisato di ore hai schiaffato i pirottini nel forno per venti minuti a 200°C e voilà, parevano perfetti. Se avessi avuto la forza li avresti spolverizzati di zucchero a velo, ma chi ce l'ha dopo aver mangiato tutta quella roba?

Un post smielato, ma la ricetta no

Noooo!!
Sono le 20:40 e questi fanno pure le domande!
Dopo una giornata di lavoro, senza poter pranzare, eccomi schierata per la partecipazione volontaria al seminario interno dello studio.
Si odono parolacce: IRES IRE. Ma di che si parla?
Pian piano, dolcemente, le voci sbiadiscono e si perdono in lontananza.....
Brad (Pitt) mi sta guardando intensamente, dio com'è bello! Poi mi bacia e....
"Ci sono domande?"
Spalanco gli occhi (sobbalzando) sulle grisaglie dei colleghi ormai vinti anche loro dalla stanchezza, una luce livida illumina il relatore.
Ma io sono di nuovo altrove. A passeggio per la campagna romana in un tardo pomeriggio estivo. Da lontano vedo le due file parallele dei pini marittimi, che indicano la via al casale con i grandi ombrelli verdi aperti.
Cammino sui ciottoli di fronte all'entrata e Cerino, il cane più brutto e più dolce del mondo, si precipita fuori per accogliermi degnamente.
"Chi c'è? Oh... Carla! Tommaso, Tommà!!" Mia madre chiama mio padre all'interno.
"Ma che sorpresa che sei passata". Mio padre si affaccia ed esclama meravigliato "ma come stai bene!".
I miei si meravigliano sempre del fatto che io sia in vita.
Nella cucina enorme una pentola è sul fornello e nell'aria è sospeso un profumo di basilico screziato di un colore tondo e caldo che ricorda la terra dopo la pioggia, o le foglie di autonno bagnate di prima mattina. C'è anche un'odore di mare, salato.
Mia madre sta lavorando una ricotta bianchissima un un'ampia scodella "Calra, frulli tu le nocciole tostate?" "Certo". metto qualche cucchiaiata di nocciole nel frullatore ed accendo l'aggeggio infernale da cui sale un profumo intenso.
Mia madre spezzetta un mazzetto di basilico fresco nella ricotta e continua il suo lavoro, prende un paio di cucchiai dell'acqua di cottura della pasta e li aggiunge, il profumo del basilico si fa più intenso. L'acqua nella pentola bolle e nella schiuma di superficie qua e là fanno capoccella i sedanini che sono quasi pronti.
"Va bene così?" mostro il trito di nocciole a mia madre. "Si, aggiungile qui" eseguo.
La ricotta è ormai una crema profumatissima. La pasta è pronta. Mio padre ha apparecchiato fuori sul retro sotto il portico, da dove si vedono i campi.
Ci sediamo e papà mi versa del vinello bianco freddissimo e senza nome.
Non saprei immaginare questo tramonto se non accompagnato da questa pasta e da questo vino.
Prosit.

Ciai presente?

Virus gastrointestinale.
Perciò riso bollito, un filo d'olio e un pensiero di parmigiano.

Venerdì Gnocolar

 Papà del gnoco

Ascoltate Papà del Gnoco  : " prendete i buonissimi  gnocchi di Carvalho e per oggi conditeli con burro fuso, zucchero e cannella ".
              

10 febbraio 2010

moufflé

Quando fai la spesa per fare i muffins di sammybaby già sei agitata per ansia da prestazione. E questo è un fatto. Per cui non è che proprio agisci con la tranquillità richiesta dal caso. Ti aggiri per le corsie e ti chiedi “quell’uomo non ha scritto il tipo di farina…” e compri la Manitoba, poi ti accorgi che “quell’uomo non ha scritto nemmeno il tipo di lievito” e ne compri uno “non vanigliato” presumibilmente per cose salate … poi aggiungi l’emmenthal e il prosciutto e pensi di essere a cavallo. E vai a casa. Accendi il forno a 200 ° fischiettando, e cominci a preparare gli ingredienti, fai la pasta base, farina, uova, sale. E ti preoccupi perché le uova (4) sembrano troppe per quella base liquida. E ti comincia a sudare l’ascella. Dopodichè mentre hai li tutto bell’e che pronto per aggiungere il lievito e gli elementi proteici, realizzi che su di esso (sul lievito) si parla di impastare una palla e lasciarla riposare. Ma quale palla ??? devo fare i muffins cazzo! Cannato il lievito alla grande. Allora mentre il forno a 200 pompa e la pastella dal polzonetto ti guarda e tutto è pronto allo sparo devi inventarti l’alternativa. Tiri due porconi, agguanti dello zucchero (cosi’ a cascatella, quantità imprecisata ) e lo ficchi nella pastella, uno yogurth che ti racconti da sola aggiungerà i grassi necessari, un lievito a sto punto per dolci. Mescoli con amore (sempre strempiando) e inforni speranzosa. Poi guardi il composto lievitare in modo mostruoso e decidi che è un soufflé o forse un muffin non si sa. Insomma lo scopriremo solo alla fine. Sforni dopo venti minuti stando attentissima a non farlo smontare. Assaggi e decidi che è gradevole e grazioso. E che non è né un muffin né un soufflé. E’ un moufflé.

9 febbraio 2010

il . della situazione

visto che cominciamo ad essere un bel po', e che sto ricevendo richieste di partecipazione, credo sia arrivato il momento... no, di fare sul serio mai. non ne sarei (saremmo, credo) capaci. ed è il nostro bello. siamo gente a cui piace cucinare perché è bello stare insieme a chiacchierare, non per tirarsela di quanto si è bravi.
dicevo, è arrivato il momento di fare un minimo di manifesto di infornoasinistra, ad uso e consumo di chi ha voglia di partecipare.
intanto, può partecipare chiunque. basta sentirsi in sintonia con quanto ho appena scritto sopra. perché è così che nascono le ricette. si pensa a qualcuno, a qualcosa. si passa il tempo, ci si racconta e si vivono emozioni e sensazioni, e le si racconta. una ricetta è una storia, raccontata attraverso la cura che ci si prende di sé e dei propri amici, con il cibo come unica panacea. qui non troverete resoconti dettagliati e precisi di dosi, istruzioni, tempi e temperature. qui troverete quello che si sentiva mentre si girava il risotto, o mentre si faceva la spesa, o mentre si ricorda un gesto o si inventa un accostamento; qui non si fa a gara a chi è più bravo a cucinare. qui non si fa a gara, e basta: qui ci si racconta.

Un primo di rispetto e onore [baciamo le mani]

Mi son ritrovata fra le manine oggi i rimasugli centrali dei radicchi, le foglioline piccole per intenderci, che usiamo per le insalate e mi son detta aspè che li usiamo invece di metterli nell'insalata che fan molto, cavoli sto ristorante dev'esser proprio ridotto alle asse per usare tutto il radicchio...
Ho preso della cipolla bianca, affettata a mezzaluna finissima, messa in padella con un filo d'olio d'oliva, sale e pepe a quantità industriale, a fuoco vivo la faccio scrocchiare ci metto del buon guanciale di maiale ed i pinoli tostati precedentemente in padella, brucciacchiti per intenderci.
Ci verso dentro le fogliette di radicchio, un pò di vino bianco e dell'acqua e lascio stufare il tutto.

A parte cuocete pasta lunga, spaghetti o bavette, scolate al dente e versate nella padella, aggiungete dell'olio e cubetti di brie...lasciate sciogliere un pò il formaggio e poi servite spruzzando il piazzo di prezzemolo tritato...

et voilà...

8 febbraio 2010

risotto agli avanzi di formaggio e miele di timo

è che qualcuno ha portato una vagonata di formaggi, troppi per mangiarli tutti e andare avanti col resto della cena, anche se si è in quindici. di qualche formaggio ho capito il nome, dal gusto. e quelli me li sono mangiati sera per sera. ma ne è rimasto uno, mezzo chilo circa, di cui proprio non so dire le origini. non c'è scritto sull'incarto. non l'avevo mai mangiato. buono, eh. ma fortissimo. la strega dice piccante, io non lo definirei piccante ma semplicemente forte. tanto forte. così forte da riuscire a mangiarlo solo a scaglie sottilissime e con un velo di miele sopra. e ancora lo sento dietro al naso e sopra la gola.
poi c'è una valanga di scalogno, una busta aperta di grana padano grattuggiato (chi ha portato del grana padano grattugiato in casa mia?), due bottiglie di nero d'avola e un mattone di burro.
risotto bianco, anzi rosa perché lo annaffio col rosso invece che col bianco, a fine cottura ci metto una grattata enorme di formaggio forte, lo copro di grana padano, una noce di burro e faccio mantecare. nel piatto, lo copro di pepe (no, non quello lì. non sono ancora riuscito ad aprire la boccia per mettercelo dentro), e un giro di filo di miele di timo.
tutto sommato temevo peggio, invece sto decidendo che mi piace assai.

p.s. notare che ho scritto sia grattugiato sia grattuggiato, nel dubbio. così son certo di sbagliare, ma anche di farlo una volta sola.

Cose da turchi

È sabato e che cerchi una qualsiasi scusa per distrarti, per non pensare e ti trovi quasi per caso in un posto in cui tutto intorno sa di pesce; i panini sanno di pesce, la focaccia sa di pesce, il cappuccino sa di pesce e ci sono insegne appese un po' ovunque che rappresentano tutte, ma proprio tutte, le creature che popolano il nostro bel Mar Mediterraneo (scafisti esclusi).

Ti trovi davanti alla tua pescheria di fiducia e nonostante tu sia ospite a pranzo, ti viene voglia di cucinare pesce per un reggimento (anche se, praticamente, sei da solo considerando che è un periodo in cui tua sorella mangia come un uccellino).

Qui, in questa pescheria, c’è un pescià che serve al banco con la faccia di cartavetro, il berretto come il tizio della reclam del ‘ tonno insuperabile’ e mani callose con cui potrebbe squamare i pesci a forza di carezze. Ti mette una certa soggezione, anche perché lui non parla quasi ma grugnisce con la tipica cordialità che contraddistingue noi che abbiamo quella faccia e quell’espressione un po’ così…

Allora per non fare la figura dello sprovveduto lupo di mare che non distingue un cefalo da una cernia, ti aggiri tra le cassette polistirolo piene di ghiaccio con sopra il pesce e attivi il programma di riconoscimento ittico. Come e' che doveva essere l'occhio del pesce per sapere se è fresco o meno? Ah si, lucido e limpido... e il corpo? deve essere molle o rigido?

Incroci con lo sguardo delle mazzancolle del pacifico…
L’elaboratore dei dati va i tilt, c’è una evidente contraddizione quindi ti domandi come possano essere fresche proveniendo da laggiù. Allora immagini il capitano dell’Andrea Gail che ha appena issato sul peschereccio una incredibile quantità di crostacei, a tutto motore torna al porto e carica a tempo di record le casse su un biplano velocissimo pilotato dall’alter ego del Barone Rosso che, appena raggiunge la pescheria sgancia a mo’ di bombe il prezioso e fresco pescato proprio sul bancone di Giuan il pescivendolo. Si si, indubbiamente queste sono freschissime!

Durante l’attesa del mio turno l’illuminazione, complice anche il passaggio di due persone nordafricane, Tunisine probabilmente. Mi è venuta in mente una ricettina per fare uno stuzzichino con le cozze che avevo letto qualche tempo fa, e poi con mia sorella le posso mangiare!!

Spazzolate e sciacquate le cozze, raccoglietele in una casseruola con un dito d’acqua, coperchiate e lasciate sul fuoco finché non si saranno aperte, poi sgusciatele e infilzatene 4 su uno stecco.

Mescolate la farina con due tuorli, birra e un pizzico di sale, quindi incorporate gli albumi montati a neve con un poco di sale. Passate gli spiedini in questa pastella, friggeteli subito in olio ben caldo e scolateli su carta assorbente da cucina.

Per me sarebbero già pronti con la sola spruzzatina di un limone, ma per i più soffisticati e curiosi si possono servire accompagnati ad una salsina preparata mescolando pinoli tritati con lo yogurt, uno spicchio d’aglio tritato, succo di limone, scorza di limone grattugiata e sale.

Ecco tocca a me.
R: Ciao Giuan, mi dai per favore un chilo di muscoli di Spezia?!
G: grumph*

*suono gutturale intraducibile

5 febbraio 2010

Recycling

Ho ancora due pandori e un panettone, così come stanno non riesco a mangiarli. Buttarli non se ne parla.
Idee ? 

4 febbraio 2010

fine di viaggio...

...notte che sa di sale, ad aspettarmi la musica di david byrne, il pensiero torna indietro di qualche giorno, stretti in cucina, chè non lo immaginavo che la cucina fosse così piccola e grande insieme.
porto un ricordo, che mi arriva direttamente dall'infanzia, nessuna ricetta, solo un ricordo che risale al ricordare di uno alto più o meno un metro, altezza tavolo di cucina, niente ragionamenti o conteggi di dosi, basta ricordare, ripescare in quei meandri i gesti visti fare e mai eseguiti prima, lo schiaccio delle patate, il rompersi dell'uovo, il senso della farina tra le dita...e la vista di un gesto impastante dal livello del piano di lavoro...
...non sarebbero venuti senza tutti voi...
grazie.

3 febbraio 2010

Vuelvo al sur por dos

Ogni tanto un tuffo di realtà che arrivi in fondo, fino alle radici di ciò che furono coloro da cui nascemmo. E cosa c’è di più atavico e radicato della memoria del gusto? Qualcuno direbbe dello stomaco. Ne sono convinto. Anzi io penso che le cose di pancia stiano addirittura nel dna. C’è stato un tempo, un dieci anni fa, in cui mi esercitavo a commuovere la gente con la cucina. E a loro insaputa invitavo a cena, per esempio, vecchi pugliesi residenti a Milano e sposati da una vita a donne venete. E facendo finta di niente gli servivo pasta ceci e baccalà. Poi cercavo di parlare il meno possibile e aspettavo … Se fossero esistiti i blog ne avrei certamente messo in piedi uno con i racconti del giorno dopo. Titolo: “Le loro memorie”.  Tutto questo però è un’altra vicenda. Verso la fine dello scorso luglio, invece,  tornando a piedi dal lavoro una sera, ho sentito fortissima la voglia di andarmi oltre, perché veramente a volte non mi sopporto più. E così, partendo dall’ultimo supermercato prima di arrivare a casa, ho provato a scavare nei ricordi. Perché “oltre”, a una certa età, si può andare anche tornando indietro. E bastavano i miei trentotto anni di allora (oggi quarantuno) per farlo.

Qualche settimana dopo provai a regalare la mia esperienza a Cinzia, una mezza conoscenza virtuale e nevrotica che continuava a parlarmi per citazioni di filosofi e libri. Sentivo che un tuffo da qualche parte di concreto avrebbe fatto bene anche a lei e se fosse stata disposta a farlo, forse avremmo potuto avere una lingua in comune e quindi qualcosa da condividere per andare avanti. Decidemmo, anzi decise lei, di mandarci cose importanti l'uno per l'altra. E così mentre da Cinzia arrivavano poesie ed estratti di vita e opere di salamazza, io con il cuore in mano le mandai questa ricetta. Sperando davvero che ci mettesse il peperoncino, che lo mangiasse da sola in una torrida sera e che mangiando sudasse, pensandomi e sorridendo. 


Cara Cinzia. In tutto ci vuole una mezz’ora.

Un mezzo chilo di seppie piccole e fresche o meglio seppioline (5 euro al super). Uno spicchio d’aglio. Olio. Un goccio di vino bianco. Un manciata di prezzemolo tritato. Un paio di patate. Una decina di pomodorini. Se ce la fai a mangiarlo anche un peperoncino, altrimenti un paio di granelli di pepe schiacciati con il batticarne su un asse di legno per farne grani grossi.

Appena rientri in casa, verso le sette e mezza, dai una sciacquata alle seppie e, a seconda della dimensione, le tagli per il lungo in due o tre parti. Togli la buccia alle patate falle a cubetti. Taglia in due o quattro i pomodorini.

Olio in una padella con i bordi alti (se ce l’hai, altrimenti quello che hai, purchè abbia una base di 24/26 cm che è poi quella più comune per pentole e padelle di casa), fai scaldare 20 secondi l’olio poi ci metti l’aglio. Lo fai andare altri 20 secondi e poi lo togli. E’ tutto caldissimo: ci butti dentro le seppie, fanno tschccccc. Le giri per due minuti, poi ci butti un po’ di vino, fa tschccc. Dopo altri due minuti metti le patate a cubetti, i pomodorini e il peperoncino tagliato in due (ripeto, se ce la fai a mangiarlo).

Metti tutto a fuoco basso, deve sobbollire, coperto ma non chiuso. Di solito le seppie rilasciano abbastanza acqua e quindi non devi aggiungerne altra. Semmai fallo, solo se vedi che si seccano troppo.

Sono le otto meno un quarto circa, finalmente vai di là. Ti spogli, vai a fare la doccia, accendi il computer, disfi la borsa… Tra una roba e l’altra, quando passi davanti alla cucina, dai una girata alle seppie. Delicata senza distruggere le patate. Dopo una mezz’ora assaggi. Dovrebbe essere ok. Metti sale se serve (di solito poco o niente, l’acqua rilasciata dalle seppie fa già anche questo), metti pepe se purtroppo non avrai messo peperoncino e poi sopra la manciata di prezzemolo. Sono circa le otto e venti. Fai riposare dieci minuti a fuoco spento, quindi mangi. Molto meglio se indossando una canottiera. Poi vedi un po’ cosa ti viene in mente e fallo.


Cinzia reagì strana, per come io intendo il mondo, e riassunse la stranezza in un “le seppie non mi piacciono, ma sento che qualcosa tra noi si è rotto”. Forse con una punta di cattiveria di troppo non le risposi quella volta, ne mai più in futuro. Purtroppo essendo io una macchina logica non capivo cosa potesse essersi creato di rompibile tra due che si sono scambiati … Toh! Diciamo 5 mail e qualche decina di minuti in chat. A me piaceva l’idea di lei a lei piaceva l’idea di me. Solo che la sua idea era molto più articolata della mia e soprattutto lei, a differenza di me,  pensava che quell’idea fossi io.

ganzi

no niente io volevo solamente dire che domenica mattina mi sono svegliata che stavo ancora ridendo per quella storia del cous cous Valsugana (giuro).
E che vorrei far rientrare Papoff nel prontuario farmaceutico approvato dall' Organizzazione Mondiale della Sanità sotto la categoria antidepressivi specifici.


(una serata ficherrima raga)

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Ho avuto il benestare del mio capo.

La prossima la si fa al ristorante, mi lascia la cucina.

Basta che teniamo chiuso il cancelletto.

:-)))))

1 febbraio 2010

fantasia ai kiwi (del papa') di papoff®

l'ingrediente principale è, come in tutte le ricette, l'amore, che ci si mette ma anche che si riceve.
poi ci vogliono dei kiwi ma anche qui c'è dell'amore, a tratti inconsapevole, di mio papà che con 5 piante femmine e 2 maschi (beati loro) riesce a produrre 350 cassette di kiwi, tutti buoni per altro.
allora per cominciare si va a caccia di kiwi maturi tra queste 350 cassette e se ne tirano fuori un tot, taluni ingegneri del cibo sostengono ce ne vogliano una quantità tipo 600 grammi. io però la bilancia non l'ho mica usata.
una volta che si hanno questi kiwi li si lasciano in una ciotola ad ascoltare risate e battute.
nel frattempo si uniscono 200 grammi di zucchero (questi più o meno li ho pesati) a 2 decilitri d'acqua (oppure 0,2 litri oppure 200 grammi) e li si mettono sul fuoco per ottenere, dopo cinque minuti di bollitura, dello sciroppo di zucchero.
sciroppo di zucchero che andrà lasciato raffreddare; quindi nel frattempo si sbucciano i kiwi precedentemente tastati e annusati. le tecniche per sbucciarli sono varie, io ho usato quello dello scaviccchio con cucchiaino.
fatto ciò si monta a neve un bianco d'uovo (nello specifico della gallina di mio zio). ebbene si: c'è un albume.
ora si frullano i kiwi con un minipiner, si unisce lo sciroppo di zucchero raffreddato e l'abume montato a neve e si mischia, magari con uno sbattitore a cui funzionano le velocità.
il composto, contenuto in una ciotola magari di metallo (messaggio di servizio per olt: mia mamma mi fa notare che devo avere lasciato li la suddetta ciotola di metallo), va posizionato nel congelatore.
ora il più è fatto, rimane solo, di tanto in tanto, da ricordare al sorbetto che è un sorbetto andando ogni mezzoretta a dare una smossa al composto.
ora la ricetta sarebbe finita, ma una ricetta senza ingrediente personale che ricetta è?
quindi praticamente a una certa, tra la terza e la quarta smossa del composto, ho aggiunto del limoncello (quantità a scelta). per gli astemi, per intolleranza o per scelta (che sono comunque più dignitosi di chi spezza gli spaghetti), si può optare per del succo di limone.
secondo me, mi viene in mente ora, ma anche delle foglie di menta ci sarebbero state da dio.


ps: questa ricetta è servita prevalentemente a ridare dignità al frutto kiwi dopo il suo declassamento a sapone

per non dimenticare

- gli occhi da cerbiatta di miaperfidia che esclama "ma veramënte !!???"  mentre schianta la macchina fotografica di cinas a rimbalzo sul pavimento di inizio secolo dell'ignaro oltranzista
- la titta-bitta che sta sempre zitta mescendo ovviamente intrugli da strega pessimi...(ho capito giusto? quella cosa color bile l'hai fatta tu amour?) e irradia amore da ogni poro. quasi virale. cazzo la amo.
- papof l'ho scannerizzato, ora cercherò di farne un avatar da utilizzare tra un credito documentario e l'altro come evasione, è la comicità fatta persona. sto ancora ridendo per paolo limiti (che non potro' mai piu' vedere senza sussultare ) e la valsugana. io vorrei sposarlo ma lui non ci sta. non ho capito se lo spaventino di piu' i venti cm o i venti anni che abbiamo di differenza. bullshits....
- la ragazza-che-poteva-svenire-inogni-istante mi metteva un po' d'ansia perché ce l'avevo accanto e non avevo sali o altro (ma avremmo potuto usare i pepi di sagami) mentre mi scioglievo tre uno gnocco di carvalho e una panella dal sapore di Siscilia, lei rischiava la vita sorbendo la fantasia al kiwi di papof (cazzo era veramente buona papo. mi hai sventolato una carta di formaggio sotto il naso con una pseudo ricetta per poi riinfilarla repentino nei meandri dei tuoi pantaloni...)
- sagami:  una scoperta. un nirvana femmina multietnico dal sorriso bianchissimo. non ti aspetteresti mai l'epilogo di quella pacatezza apperente: ha tirato fuori un agnellodidio dalla piramide di Chichén Itzá e l'ha sacrificato li davanti a tutti. in sciallo.
- la lisacaramella che sta sempre mescolando qualche cioccolato fantastico che io non potrò mangiare ... ma che Qualcuno ...so per certo ...ancora conserva in frigorifero pronto per essere scaldato e degustato. Sappi Qualcuno ...che potrei venire a riprendere i guanti che ho perso come cenerentola  al ballo e socializzare il bendiddio.
- la morfina zittina pure lei ..tra un radicchio e l'altro pubblica libri. intanto che noi facciam ballare le scimmie
- sammybaby, fero-man, mi hai fatto un muffin che è sparito prima dell'apertura del sipario per ovvi motivi. lo sai che hai rischiato grosso vero a tirar fuori sapori e consistenze tanto intriganti ?...si lo sai. ti ho visto in protezione. ti concentri sulla forma per non parlare del Profumo vero ? sembravi Grenouille e noi le giovani vergini ammaliate dal tuo artefatto
- last but not least : il mio compagno di banco. il giovane guerriero celtico. ancora sento la sua voce tuonare nei cieli di avalon (e la sua zuppa di cipolle invece da qualche altra parte...)