25 novembre 2010
Pranzo al sacco
Viaggio molto, moltissimo, anzi stare ferma per 2 settimane mi fa sentir in colpa.
Pranzo al sacco: perché rinunciare a cose buone da mangiare in tutta libertà?
Per tutti coloro che conoscono o vorrebbero conoscere Bologna: da solo o in compagnia, se voleste consumare il vostro pranzetto in tranquillità in prossimità alla Piazza Maggiore c'è l'Osteria del Sole
Unico obbligo di questo prestigioso ambiente è il consumo di mescita il loco.
Potreste allora prepararvi piccole confezioni con crostini e salse casarecce da innaffiare con un buon Merlot, insalate di pesce e patate con un Tocaj, formaggi del pizzicagnolo all'angolo e pane fresco con quel che preferite. E chiaccherare, o in silenzio, osservare e stare a farvi osservare, leggere o giocare a carte nella pausa tra un impegno e l'altro.
In questa società di "Magnaccioni" si sente la mancanza di luoghi in cui portare qualcosa per te e prendere qualcosa con altri.
Manca il parlare come si mangia.
Straziami, ma la pancia saziami
Non so voi ma la qualità è una delle priorità a cui cerco di non rinunciare.
Non parlo di ingredienti sopraffini o costose e ricercate prelibatezze.
Tipo: La frittata.
Quel che mi piace della frittata è che ha poche pretese, non andate a cercarla nel menù di tavole imbandite come torte nuziali.
La mia preferita è quella che prepara il mio papà. Con le ortiche o la borragine.
Deliziosa e di Qualità. Perché so che il mio papà sa che a me piace e la prepara con attenzione. Questo la rende speciale. E la fa che una fetta mi appaga e il pane con cui la mangio è celestiale.
il "De Arancinis"
In Sicilia del Sud, in fatto di tradizione, gli arancini superano persino la Democrazia Cristiana. Su Wiki trovate la definizione, ma io qui voglio disquisire sul nome di genere dell' arancino. Da sempre in Sicila del Sud l' arancino è femmina, è arancina. E io ci tengo a rivendicarne l'identità di genere. Perchè nel mio immaginario quando vado in rosticceria e chiedo un arancino io mi aspetto, appunto, un arancino. Se chiedo invece un'arancina mi aspetto di più: mi aspetto una cosa che sfida qualsiasi legge sulla digeribilità, qualcosa che se mangiata a mezzogiorno fa ancora capolino in forma di ruttino alle 4 pm come a ricordarti di quell' attimo ardente e sublime in cui i tuo denti si sono inabissati in quella sfera fatta di riso e ragù.
E comunque io stasera voglio farmi del gran bene, io stasera mi butto sulle arancine.Chè femmina è meglio.
NB: rimango a disposizione per qualsiasi chiarimento in merito, sia nell' ordine pratico che etnografico.
23 novembre 2010
nomen omen, carpe diem, save the date
con il dizionario T1 (si chiama così?) del mio cellulare, se scrivo anolini, viene fuori cooking.
certe cose sono segni del destino.
certe cose sono segni del destino.
melgot e melgassì
di quando ti senti essenziale, radicata, orobica nell'animo, terra amata ed odiata, terra senza teatri e che si alza troppo presto, matzy dice : come i vecchi. ha ragione. siamo nati vecchi qui. e lavoriamo troppo. con la testa bassa e grugnendo sinceri. mani callose, sorrisi sdentati. stoppie di melgot nell'umido della nebbia (le stoppie le chiamiamo melgassì e penso che oggi questo termine qui attorno lo capiremmo in tre )
buttala a pioggia, movimento alla catcher in the rye ..come se seminassi. di polso. per evitare la formazione di grumi (i frà). fai cuocere un'ora abbondante. rigorosamente nel paiolo di rame. girala col bastone qui si chiama "ol menadur" oppure "tarel". sforma su un tagliere di legno. accompagnare con carni o una tazza di latte tiepido e una fetta di taleggio seppellita sotto, che sciogliendosi piano piano trova la sua strada tra le crepe della polenta e come una crema di libidine affiora dal cratere verso di te.
375 gr. di farina (di cui 200 normale e 175 integra, che bada bene non è la integrale è la integra quella con dentro il germe di grano, macinata a pietra, in purezza, grezza e ruvida come me, che ti lascia la patina sulle mani)
acqua 1.5 lt
sale un cucchiaio
buttala a pioggia, movimento alla catcher in the rye ..come se seminassi. di polso. per evitare la formazione di grumi (i frà). fai cuocere un'ora abbondante. rigorosamente nel paiolo di rame. girala col bastone qui si chiama "ol menadur" oppure "tarel". sforma su un tagliere di legno. accompagnare con carni o una tazza di latte tiepido e una fetta di taleggio seppellita sotto, che sciogliendosi piano piano trova la sua strada tra le crepe della polenta e come una crema di libidine affiora dal cratere verso di te.
19 novembre 2010
Io Vs. Topinambur
Vado al gruppo d'acquisto della mia città, mi imbatto in una specie di patata che patata non è. E' malforme, brutta a vedersi, tutta nodulosa che al primo sguardo ti viene da pensare "ma come si sbuccerà?". Torno a casa con la mia busta piena di creature tuberosissime pensandoci di farci una zuppetta, come consigliatomi dalla mia nuova amica troppo ggiusta MiaPerfidia e ci metto il valore aggiunto: i fagioli.
Ne viene fuori una sbobba dolciastra, una esperienza irripetibile, da conato di vomito ad ogni ppiè sospinto. Sentenzio: mai più topinambur coi fagioli. E siccome io non mi arrendo al topinambur la prossima volta ci abbino una cosa amarastra, pensavo agli spinaci... Non so, voi che dite?
18 novembre 2010
Valpelline Nostalgia
Quando viene questa stagione, che è la mia preferita, la inauguro con alcuni piatti nostalgia.
Io, che nostalgica non lo sono per niente, mi concedo quella vena proustiana che nel cibo trovo piuttosto poetica e non detestabile come negli altri ambiti della vita.
Per chi, invece, ne soffrisse in maniera cronica consiglio il sedicesimo fiore di Bach, Honeysuckle.
La montagna è la Valle d'Aosta e la Valle d'Aosta è la Val di Rhemes e/o la Valpelline. La Val di Rhemes è lo zabaione (ma questa è un'altra storia). La Valpelline è la zuppa valpellinese.Che poi è proprio facile, giuro che se non la si prova non si riesce a immaginare come, delle cose così povere, possano essere a tal punto sublimi. Metto del pane secco - che taglio a fettone - a ricoprire il fondo di una teglia, sopra una dadolata di fontina (io faccio un pò dolce un pò puzzolente - abbondate!), ricopro con uno strato di foglie di una bella verza tenera che ho prima scottato in acqua bollente (questo è importante se no restano dure e rovina tutto) rotte grossolanamente ed infine sopra tanto grana e una bella macinata di pepe.
A parte ho fatto una pentola di brodo e glielo rovescio sopra sino a coprire quasi completamente. In forno per circa 35 minuti. Il brodo si asciuga un poco ma deve restare, quindi a fine cottura taglio a fettazze la parte solida e col mestolo, nelle singole ciotoline, ricopro di brodo.
In confronto a questo le madeleine mi fanno una pippa.
ndr a tutti i cucinieri segnalo questa cosa
Io, che nostalgica non lo sono per niente, mi concedo quella vena proustiana che nel cibo trovo piuttosto poetica e non detestabile come negli altri ambiti della vita.
Per chi, invece, ne soffrisse in maniera cronica consiglio il sedicesimo fiore di Bach, Honeysuckle.
La montagna è la Valle d'Aosta e la Valle d'Aosta è la Val di Rhemes e/o la Valpelline. La Val di Rhemes è lo zabaione (ma questa è un'altra storia). La Valpelline è la zuppa valpellinese.Che poi è proprio facile, giuro che se non la si prova non si riesce a immaginare come, delle cose così povere, possano essere a tal punto sublimi. Metto del pane secco - che taglio a fettone - a ricoprire il fondo di una teglia, sopra una dadolata di fontina (io faccio un pò dolce un pò puzzolente - abbondate!), ricopro con uno strato di foglie di una bella verza tenera che ho prima scottato in acqua bollente (questo è importante se no restano dure e rovina tutto) rotte grossolanamente ed infine sopra tanto grana e una bella macinata di pepe.
A parte ho fatto una pentola di brodo e glielo rovescio sopra sino a coprire quasi completamente. In forno per circa 35 minuti. Il brodo si asciuga un poco ma deve restare, quindi a fine cottura taglio a fettazze la parte solida e col mestolo, nelle singole ciotoline, ricopro di brodo.
In confronto a questo le madeleine mi fanno una pippa.
ndr a tutti i cucinieri segnalo questa cosa
14 novembre 2010
Friggo di piacere
Son cresciuto con l'idea che il fritto, qualsiasi fritto, fosse di per sé sinonimo di vizio e golosità e che, perciò, andasse goduto solo a piccole dosi, raramente, e con un po' di senso di colpa come condimento... Poi gli anni passano e si scopre che il viziare-rsi, la golosità e il godere-rsi passano per discorsi e pratiche ben più interessanti e articolate di una semplice friggitrice. A volte, però, un ritorno alle origini è d'aiuto, soprattutto per ricordarsi che il senso di colpa, in fondo, è una cazzata.
Ho invitato così una persona che ho amato e mi ha amato tanto, per godere insieme, con l'aiuto della friggitrice, ovviamente.
L'esperimento è una ricetta, osservata nella trattoria dove gioco il mercoledì sera. 'Osservata', perchè col cazzo che lo chef Angelo ti spiega la ricetta (non tutti sono come Guerino): bisogna 'rubargli il mestiere' (yyyyessss....), osservando e memorizzando.
Comunque...
Come Angelo, ho mischiato farina, tre uova, mezzo bicchiere di birra, mezzo d'acqua frizzante, sale, pepe e un trito molto abbondante di rosmarino, salvia, prezzemolo e basilico (io il basilico non lo avevo, così ho sostituito con maggiorana e un po' di timo... boh, non so se lo rifarei...). Le dosi sono quelle che permettono di ottenere un pastella densa. Ho poi scubettato un bel petto di pollo, immergendolo nella pastella, a riposare.
Quando i preliminari alcolici sono giunti in fase avanzata, ho acceso la friggitrice ed immerso i cubetti di pollo impastellati... viziare e godere, friggere e mangiare.
Ho invitato così una persona che ho amato e mi ha amato tanto, per godere insieme, con l'aiuto della friggitrice, ovviamente.
L'esperimento è una ricetta, osservata nella trattoria dove gioco il mercoledì sera. 'Osservata', perchè col cazzo che lo chef Angelo ti spiega la ricetta (non tutti sono come Guerino): bisogna 'rubargli il mestiere' (yyyyessss....), osservando e memorizzando.
Comunque...
Come Angelo, ho mischiato farina, tre uova, mezzo bicchiere di birra, mezzo d'acqua frizzante, sale, pepe e un trito molto abbondante di rosmarino, salvia, prezzemolo e basilico (io il basilico non lo avevo, così ho sostituito con maggiorana e un po' di timo... boh, non so se lo rifarei...). Le dosi sono quelle che permettono di ottenere un pastella densa. Ho poi scubettato un bel petto di pollo, immergendolo nella pastella, a riposare.
Quando i preliminari alcolici sono giunti in fase avanzata, ho acceso la friggitrice ed immerso i cubetti di pollo impastellati... viziare e godere, friggere e mangiare.
(s)guazzetto di moscardini
Vista la totale assenza di qualcosa di rosso che alimenti un (in)sano istinto di ribellione, ho provato a compensare alimentando una naturale rivoluzione delle papille gustative a suon di peperoncino.
Allora ho preso dei moscardini, precedentemente battuti da un batticarne-manganello per intenerirli (ma che ha alimentato una lenta insurrezione dei sapori), e li ho fatti rosolare in una padella larga cosparsa da un filo d'olio in aggiuinta ad un trito di aglio e prezzemolo, .
Pochi minuti di cottura ed è arrivata in soccorso una democratica passata rossa di pomodoro, ovviamente dal lato sinistro della padella, nella quale i moscardini coadivuati da un pizzico di peperoncino (in dose proporzionata alla voglia di un quarantotto gstronomico che si vuole avere in bocca durante il pranzo) rafforzeranno il loro gusto eversivo, magari con l'aggiunta di un pizzico di sale.
Si aspetta una mezz'oretta abbondante e i moscardini, al grido di 'hasta la tabla, siempre' saranno pronti per scendere in piazza. Pardon, in tavola...
Allora ho preso dei moscardini, precedentemente battuti da un batticarne-manganello per intenerirli (ma che ha alimentato una lenta insurrezione dei sapori), e li ho fatti rosolare in una padella larga cosparsa da un filo d'olio in aggiuinta ad un trito di aglio e prezzemolo, .
Pochi minuti di cottura ed è arrivata in soccorso una democratica passata rossa di pomodoro, ovviamente dal lato sinistro della padella, nella quale i moscardini coadivuati da un pizzico di peperoncino (in dose proporzionata alla voglia di un quarantotto gstronomico che si vuole avere in bocca durante il pranzo) rafforzeranno il loro gusto eversivo, magari con l'aggiunta di un pizzico di sale.
Si aspetta una mezz'oretta abbondante e i moscardini, al grido di 'hasta la tabla, siempre' saranno pronti per scendere in piazza. Pardon, in tavola...
12 novembre 2010
in forno al capodanno
hai presente quell'ansia che ti prende prima del natale, prima dell'immacolata, prima di (per i milanesi) sant'ambroeus? prima ancora che compaiano le prime luminarie per strada, ma più o meno in contemporanea con l'apparizione dei panettoni al supermercato?
quella che ti dice cosa fai a capodanno? che poi c'è sempre un momento in cui uno pensa in culo tutti, io a capodanno me ne sto a casa da solo con un libro e vado a letto presto. eh ma poi ci si sente soli, si sentono i botti in strada, arrivano i pensieri i bilanci i progetti la solitudine il freddo...
è allora che si cade nella tentazione di accettare inviti dagli amici che si vedono solo a capodanno, magari in ristoranti pessimi che ti spennano in cambio di una cena a base di glutammato e maionese accompagnati da carni e verdure di pessima qualità. o in tristi cene in piedi "ognuno porta qualcosa", così si mangia tutti di schifo, parlando a bocca piena di quanto ha fatto schifo quest'anno e che invece il prossimo, uuuuh!
invece di cadere in quella tentazione, considera che per la prima volta nella storia ci sarà una jam session di cucina capodannesca. si comincia al pomeriggio, si cucina in compagnia, si chiacchiera di cucina e di altro, ci si fanno le coccole (e abbiamo dato prova già sei volte di essere bravissimi), si mangia bene, si beve bene e si va avanti a oltranza tanto poi ci son due giorni di recupero, e in culo tutto il resto.
come sempre, l'invito è esteso a chi avrà partecipato al blog con almeno una ricetta. come eccezionale eccezione alla regola, sarà ammesso un ospite a testa, meglio se cucinante.
i dettagli li vediamo più avanti come sempre, dai.
11 novembre 2010
Ok, ci riprovo
Pensavo di aver pubblicato un post in cui dicevo del timballo, il timballo abruzzese.
Ma non capisco dove si è perso.
Quindi lo riscrivo.
E' che ho fatto il compleanno, un compleanno palindromo, e bisognava festeggiare, quando mi ricapita un compleanno palindromo?
Ho invitato un po' di gente ed ho deciso di fare una cosa semplice, il timballo.
"Il timballo non è semplice!" ha detto mia madre.
Ma io non le ho dato retta. Del timballo mi piaceva l'idea che lo metti in forno e quello se ne sta lì a cuocere per un'ora poco più, da solo, mentre tu fai altro, che so, apparecchi la tavola, decori il camino con delle zucche e delle foglie di vite, pulisci il bagno... e quando arrivano gli ospiti lo tagli e lo metti nei piatti e ti siedi con gli altri a mangiare e chiacchierare.
"Comincia presto!" ha detto mia madre "A fare il timballo ci vuole tempo! Comincia a fare il sugo, subito!". Mi sembrava esagerata, mia madre, erano le due del pomeriggio, diciamo che ho aspettato le tre ed ho messo a fare il sugo, il sugo importante, quello con la carne, che deve sobbollire un paio d'ore e schizzare il gas e le piastrelle della cucina.
Alle quattro ho messo a cuocere la carne macinata (soffriggi un po' di cipolla, sedano, carote, butti la carne macinata, poi un po' di vino bianco, infine un po' di sugo, giusto per tingerla un po', la carne).
Nel frattempo ho pulito la cucina - che essendo trenta mq di cucina richiede un po' di tempo.
Alle cinque e mezzo ho cominciato a preparare la sfoglia, ho impastato con queste mie manine d'oro cinque uova di pasta, l'ho tirata con la macchinetta, è stata un'impresa, cazzo!, ci ho impiegato un'ora e qualcosa.
Poi ho tagliato le mozzarelle, grattato il parmigiano, messo a bollire l'acqua.
Alle sette ho cominciato ad assemblare il tutto.
Alle sette e mezzo mi chiama una delle invitate per dirmi che stavano partendo ed in mezz'ora sarebbero stati a casa mia. Non ho detto niente ma ha capito che era meglio se arrivavano alle nove.
Alle otto il timballo era in forno.
Alle nove e mezza faceva la sua bellissima figura dentro i piatti dei miei amici e tutti mi hanno detto che era una capolavoro di timballo - ed era effettivamente buonissimo.
Alle dieci, dopo aver servito il secondo - costatine di maiale al forno con le patate, mi sembrava facile pure quello - sono crollata sul divano.
Alle undici dormivo mentre i miei ospiti mangiavano il dolce che per fortuna aveva fatto mia madre.
Loro, fra una chiacchiera e l'altra, sono andati avanti fino alle due.
Il timballo lo rifaccio, se lo rifaccio, quando compio cinquant'anni.
Ma non capisco dove si è perso.
Quindi lo riscrivo.
E' che ho fatto il compleanno, un compleanno palindromo, e bisognava festeggiare, quando mi ricapita un compleanno palindromo?
Ho invitato un po' di gente ed ho deciso di fare una cosa semplice, il timballo.
"Il timballo non è semplice!" ha detto mia madre.
Ma io non le ho dato retta. Del timballo mi piaceva l'idea che lo metti in forno e quello se ne sta lì a cuocere per un'ora poco più, da solo, mentre tu fai altro, che so, apparecchi la tavola, decori il camino con delle zucche e delle foglie di vite, pulisci il bagno... e quando arrivano gli ospiti lo tagli e lo metti nei piatti e ti siedi con gli altri a mangiare e chiacchierare.
"Comincia presto!" ha detto mia madre "A fare il timballo ci vuole tempo! Comincia a fare il sugo, subito!". Mi sembrava esagerata, mia madre, erano le due del pomeriggio, diciamo che ho aspettato le tre ed ho messo a fare il sugo, il sugo importante, quello con la carne, che deve sobbollire un paio d'ore e schizzare il gas e le piastrelle della cucina.
Alle quattro ho messo a cuocere la carne macinata (soffriggi un po' di cipolla, sedano, carote, butti la carne macinata, poi un po' di vino bianco, infine un po' di sugo, giusto per tingerla un po', la carne).
Nel frattempo ho pulito la cucina - che essendo trenta mq di cucina richiede un po' di tempo.
Alle cinque e mezzo ho cominciato a preparare la sfoglia, ho impastato con queste mie manine d'oro cinque uova di pasta, l'ho tirata con la macchinetta, è stata un'impresa, cazzo!, ci ho impiegato un'ora e qualcosa.
Poi ho tagliato le mozzarelle, grattato il parmigiano, messo a bollire l'acqua.
Alle sette ho cominciato ad assemblare il tutto.
Alle sette e mezzo mi chiama una delle invitate per dirmi che stavano partendo ed in mezz'ora sarebbero stati a casa mia. Non ho detto niente ma ha capito che era meglio se arrivavano alle nove.
Alle otto il timballo era in forno.
Alle nove e mezza faceva la sua bellissima figura dentro i piatti dei miei amici e tutti mi hanno detto che era una capolavoro di timballo - ed era effettivamente buonissimo.
Alle dieci, dopo aver servito il secondo - costatine di maiale al forno con le patate, mi sembrava facile pure quello - sono crollata sul divano.
Alle undici dormivo mentre i miei ospiti mangiavano il dolce che per fortuna aveva fatto mia madre.
Loro, fra una chiacchiera e l'altra, sono andati avanti fino alle due.
Il timballo lo rifaccio, se lo rifaccio, quando compio cinquant'anni.
Nel risotto ci sta bene tutto.
C'è che nel frigo è rimasto poco: un pomodoro,una melanzana, delle cipolle smezzate e del prosciutto crudo. E vabbè anche del concentrato di pomodoro che credo risalga all' 89 ma finchè delle date di scadenza si riporta la dicitura “PREFERIBILMENTE” io me la rischio e poi vi aggiorno. Ci faccio un risotto che suona più o meno così: soffriggo la cipolla, ci aggiungo il prosciutto, sfumo col vino rosso in cartone, poi melanzane a cubetti e pomodori. Ci faccio tostare il riso e man mano il brodo. Poi il resto lo sapete.
Quello che probabilmente ignorate invece è che, se avete pappagalli o uccellini nelle prossimità della cucina, questa ricetta può essere letale per i pennuti: melanzane e peperoni contengono alcaloidi che trasformandosi in fumo tossico li manderebbe a miglior vita. Non chiedetemi come faccio a saperlo: inonderei la cucina di lacrime rischiando di farvi scivolare.
tonno subito
la pasta col tonno ognuno cià la sua, e giustamente la difende con i denti, e finchè si tratta dello svuotolascatolettanellapastaappenascolata, sì, finchè le cose son sbrigative, originarie, spontanee, almeno sai che stai mangiando una cosa uguale a milioni di altri umani, allora non ti chiedi, ma sta roba come potrebbe essere diversa?
ecco, questa è la storia di quando è diversa.
allora, nell'olio sta sfriggendo un'acciuga e uno spicchio d'aglio vestito, giusto il momento di metterci dei pachini tagliati a metà messi col centro in giù, come se fossero tante collinette rosse che si dissolvono dopo un po'. mi diverto a schiacciarli col mestolo mano mano che si sfanno.
ora il tonno, meglio al naturale, meglio coop (buono senza spendere fortune che tanto va in un sugo).
olive e capperi son scuole di pensiero, possono esserci o non esserci.
la pasta lunga (ma solo per la pigrizia di non scegliere la corta più adatta) smescolata al tutto...
ma non ti ci buttare subito, lasciala lì un pochino a soffrire quel calore che le hai appena dato. il peccato del parmigiano è ammesso.
ecco, questa è la storia di quando è diversa.
allora, nell'olio sta sfriggendo un'acciuga e uno spicchio d'aglio vestito, giusto il momento di metterci dei pachini tagliati a metà messi col centro in giù, come se fossero tante collinette rosse che si dissolvono dopo un po'. mi diverto a schiacciarli col mestolo mano mano che si sfanno.
ora il tonno, meglio al naturale, meglio coop (buono senza spendere fortune che tanto va in un sugo).
olive e capperi son scuole di pensiero, possono esserci o non esserci.
la pasta lunga (ma solo per la pigrizia di non scegliere la corta più adatta) smescolata al tutto...
ma non ti ci buttare subito, lasciala lì un pochino a soffrire quel calore che le hai appena dato. il peccato del parmigiano è ammesso.
10 novembre 2010
e daje al finocchio!
Prendi un finocchio e mozzagli le corna (si sa che i finocchi sono promiscui). Poi con due colpi di mannaia taglialo in quattro pezzi e mangiateli allegramente sul divano mentre scrivi di come hai liberato il mondo da un essere così depravato.
Eroa.
Eroa.
piccoli finocchi crescono
Si chiama finocchietto, ma non sottovalutatelo. Qualche mazzetto sbollentato e poi grossolanamente spezzettato, uova a piacere, sale, pepe e viene fuori una frittata che è una roba da grandi.
datemi del finocchio maschio
si dica quel che si vuole, ma il finocchio, quello buono, ha da essere maschio. a dimostrazione che i luoghi comuni, e anche l'utilizzo delle verdure per discriminazioni sessuali, sono una sonora cazzata. insomma il finocchio è dioico, e in quanto tale ha il privilegio di poter scegliere come e con chi accoppiarsi.
però provate ad andare al super a sceglierli: ci sono quelli panciuti, e ci sono quelli allungati. quelli panciuti, come anche per il genere umano, sono maschi. quelli allungati, eleganti come una signora, sono femmine. e il sapore cambia. il finocchio maschio è più adatto per l'insalata. il finocchio femmina è più delicato, adatto a essere coperto di besciamella e gratinato.
ecco, l'insalata di finocchio maschio è la cosa più semplice del mondo, e come tutte le cose semplici segue regole ferree: il finocchio va tagliato a fette sottilissime, quasi trasparenti, e in senso trasversale per tagliare le fibre e permettergli di assorbire il condimento. il condimento, poi dev'essere di poco sale, un mare di aceto e una giustezza di olio buono. rigorosamente nell'ordine. perché il finocchio maschio, in quanto maschio, ama la rudezza dell'aceto (rosso o balsamico, io preferisco rosso). e soprattutto non teme una pesante spolverata di origano.
ricordate che il finocchio sgonfia, è dietetico e digestivo.
io amo il finocchio.
datemi del finocchio.
maschio.
però provate ad andare al super a sceglierli: ci sono quelli panciuti, e ci sono quelli allungati. quelli panciuti, come anche per il genere umano, sono maschi. quelli allungati, eleganti come una signora, sono femmine. e il sapore cambia. il finocchio maschio è più adatto per l'insalata. il finocchio femmina è più delicato, adatto a essere coperto di besciamella e gratinato.
ecco, l'insalata di finocchio maschio è la cosa più semplice del mondo, e come tutte le cose semplici segue regole ferree: il finocchio va tagliato a fette sottilissime, quasi trasparenti, e in senso trasversale per tagliare le fibre e permettergli di assorbire il condimento. il condimento, poi dev'essere di poco sale, un mare di aceto e una giustezza di olio buono. rigorosamente nell'ordine. perché il finocchio maschio, in quanto maschio, ama la rudezza dell'aceto (rosso o balsamico, io preferisco rosso). e soprattutto non teme una pesante spolverata di origano.
ricordate che il finocchio sgonfia, è dietetico e digestivo.
io amo il finocchio.
datemi del finocchio.
maschio.
sono un creativo
Pensavo.
Nella microcucinina del micro appartamentino gentilmente offertomi dal mio datore di lavoro NON c'è un forno.
Se io mettessi delle cose da cuocere su un cestellino dentro una pentola a pressione posta sulla piastra elettrica, chiusa, ma con la valvolina aperta in qualche maniera, riuscirei a riprodurre una cucina similfornosa?
O rovinerei la pentola a pressione e farei espodere tutto?
Nella microcucinina del micro appartamentino gentilmente offertomi dal mio datore di lavoro NON c'è un forno.
Se io mettessi delle cose da cuocere su un cestellino dentro una pentola a pressione posta sulla piastra elettrica, chiusa, ma con la valvolina aperta in qualche maniera, riuscirei a riprodurre una cucina similfornosa?
O rovinerei la pentola a pressione e farei espodere tutto?
Metti un finoccho a cena anche tu
per questa inziativa a cui stra-aderisco con mani, piedi, cuore.
Una delle cose che più mi ingolosisce è la rapidità con cui si possono trasformare dei finocchi in una pizza.
Si sa: l'attitudine al trasformismo è tipica dei finocchi.
Io li taglio a fettine mediamente sottili (meno di mezzo cm) e li dispongo in una teglia rotonda a coprirne completamente il fondo, poi li tratto proprio come fossero una pizza, infischiandomene della loro identità di finocchi.
La rigidità non è tipica di queste parti.
Li ricopro quindi di pummarola, una girata d'olio, capperi, olive, magari un'acciughina ed infine li cospargo di mozzarella sfilacciata con le mani, tanto origano ed inforno.
Lascio cuocere fino a quando il finocchio è morbido dentro ma ha formato una crosticina in superficie
Questa è una ricetta dalle elevate proprietà nutritive, fa bene alla tolleranza, alla libertà e all' Amore.
Una delle cose che più mi ingolosisce è la rapidità con cui si possono trasformare dei finocchi in una pizza.
Si sa: l'attitudine al trasformismo è tipica dei finocchi.
Io li taglio a fettine mediamente sottili (meno di mezzo cm) e li dispongo in una teglia rotonda a coprirne completamente il fondo, poi li tratto proprio come fossero una pizza, infischiandomene della loro identità di finocchi.
La rigidità non è tipica di queste parti.
Li ricopro quindi di pummarola, una girata d'olio, capperi, olive, magari un'acciughina ed infine li cospargo di mozzarella sfilacciata con le mani, tanto origano ed inforno.
Lascio cuocere fino a quando il finocchio è morbido dentro ma ha formato una crosticina in superficie
Questa è una ricetta dalle elevate proprietà nutritive, fa bene alla tolleranza, alla libertà e all' Amore.
4 novembre 2010
il cuoco alla prova
già la prova del cuoco, ma non è quella della clerici o del mangiatore di gatti, no, la prova del cuoco è quella di quando torni dal lavoro e la tua linea di ragionamento non è cosamipiacerebbemangiarequindimicomprogliingredienti, bensì checazzopotreifareconquellochec'èdentroquestocazzofrigo
dai, la prova del cuoco è quella, essì, è anche politicamente giusto, mettere l'origano o nò sul sugo con la salsiccia verso le undici di sera? piazzare o meno una coltre di parmigiano sul tutto? e se i pomodori son fiacchini, meglio farla in bianco o pensare che "tanto vanno cotti"...
regalarsi una cosa frutto di un pensiero, di un procedimento, parto di un ricordo di un'anima collettiva, o ispirazione del momento, così, perché è dura la legge di checazzopotreifareconquellochec'èdentroquestocazzofrigo...
questo mi anima il pensiero, mentre metto insieme in tempi e temperature diverse i vari pezzi del puzzle, finché non combaciano, butto un fusillo terrone, cottura noveminuti, una dichiarazione di guerra, se sbagli sarò duro come un sasso, ma il trucco è assaggiare al tempo prescritto e poi in genere dargli ancora mezzo minuto di vita, poi via insieme al resto, lasciando poca acqua di cottura in mezzo ai rivoli giallopallido dei fusilli, e così quei rivoli si tingono di rosso, vivo.
alla fine mi piace, la prova del cuoco è passata anche stasera...rido.
dai, la prova del cuoco è quella, essì, è anche politicamente giusto, mettere l'origano o nò sul sugo con la salsiccia verso le undici di sera? piazzare o meno una coltre di parmigiano sul tutto? e se i pomodori son fiacchini, meglio farla in bianco o pensare che "tanto vanno cotti"...
regalarsi una cosa frutto di un pensiero, di un procedimento, parto di un ricordo di un'anima collettiva, o ispirazione del momento, così, perché è dura la legge di checazzopotreifareconquellochec'èdentroquestocazzofrigo...
questo mi anima il pensiero, mentre metto insieme in tempi e temperature diverse i vari pezzi del puzzle, finché non combaciano, butto un fusillo terrone, cottura noveminuti, una dichiarazione di guerra, se sbagli sarò duro come un sasso, ma il trucco è assaggiare al tempo prescritto e poi in genere dargli ancora mezzo minuto di vita, poi via insieme al resto, lasciando poca acqua di cottura in mezzo ai rivoli giallopallido dei fusilli, e così quei rivoli si tingono di rosso, vivo.
alla fine mi piace, la prova del cuoco è passata anche stasera...rido.
Melanzane all'ischitana
La settimana scorsa ho deciso di mettermi a dieta e oggi per la prima volta, a 25 anni suonati, ho mangiato da McDonald's (un Big Mac).
La cosa mi crea contrasti interni che esorcizzerò con una ricetta sia antidietetica sia genuina: Melanzane all'ischitana.
Questa ricetta me l'ha insegnata una ragazza di Ischia. In realtà me ne ha insegnate due diverse, ma vi dirò solo quella che mi è piaciuta di più.
Servono:
- melanzane
- cipolle
- salsa di pomodoro
- mozzarelle
- un uovo
- farina
- un sacchetto per surgelare
- olio
- sale
Prima di tutto la melanzana va fatta a fette, di lungo e in numero pari. L'uovo bisogna sbatterlo e usarlo per "ungere" le fette di melanzana, ma prima pensiamo al sugo, che si fa con le cipolle e la salsa di pomodoro. Appunto, si fa con le cipolle e la salsa di pomodoro. Non credo ci sia da aggiungere altro.
Le melanzane, dicevamo, a questo punto sono "sporche" di uovo sbattuto. Ora si mette della farina in un sacchetto per surgelare (giuro: la ragazza di Ischia ha fatto così), si infila una fetta di melanzana "invuovata" e si agita il sacchetto finché la farina non si incolla all'uovo. Così per tutte le fette. Questa era la parte più divertente della ricetta.
Fatto questo bisogna friggerle tutte. Poi si fa a fette la mozzarella e si prepara il tutto per essere infornato: prima una fetta di melanzana fritta, poi uno strato di mozzarella, poi ancora una fetta di melanzana fritta e poi il sugo. E così via.
Sono pesanti, ma ne vale la pena.
L'altra versione, comunque, è quasi uguale: invece del sugo ci vanno i pomodorini conditi con olio sale e origano, all'uscita dal forno. Anzi, mi viene il dubbio che forse anche il sugo vada messo all'uscita dal forno. Mi informo meglio. Restate in linea, vi terrò aggiornati.
La cosa mi crea contrasti interni che esorcizzerò con una ricetta sia antidietetica sia genuina: Melanzane all'ischitana.
Questa ricetta me l'ha insegnata una ragazza di Ischia. In realtà me ne ha insegnate due diverse, ma vi dirò solo quella che mi è piaciuta di più.
Servono:
- melanzane
- cipolle
- salsa di pomodoro
- mozzarelle
- un uovo
- farina
- un sacchetto per surgelare
- olio
- sale
Prima di tutto la melanzana va fatta a fette, di lungo e in numero pari. L'uovo bisogna sbatterlo e usarlo per "ungere" le fette di melanzana, ma prima pensiamo al sugo, che si fa con le cipolle e la salsa di pomodoro. Appunto, si fa con le cipolle e la salsa di pomodoro. Non credo ci sia da aggiungere altro.
Le melanzane, dicevamo, a questo punto sono "sporche" di uovo sbattuto. Ora si mette della farina in un sacchetto per surgelare (giuro: la ragazza di Ischia ha fatto così), si infila una fetta di melanzana "invuovata" e si agita il sacchetto finché la farina non si incolla all'uovo. Così per tutte le fette. Questa era la parte più divertente della ricetta.
Fatto questo bisogna friggerle tutte. Poi si fa a fette la mozzarella e si prepara il tutto per essere infornato: prima una fetta di melanzana fritta, poi uno strato di mozzarella, poi ancora una fetta di melanzana fritta e poi il sugo. E così via.
Sono pesanti, ma ne vale la pena.
L'altra versione, comunque, è quasi uguale: invece del sugo ci vanno i pomodorini conditi con olio sale e origano, all'uscita dal forno. Anzi, mi viene il dubbio che forse anche il sugo vada messo all'uscita dal forno. Mi informo meglio. Restate in linea, vi terrò aggiornati.
3 novembre 2010
Subiectivum
The belief that one's own view of reality is the only reality
is the most dangerous of all delusions.
Paul Watzlawick
Ad esempio, io non c'è verso che possa comprendere come sia possibile che
delle persone nell'universo considerino una confezione classica di ravioli sufficiente per due persone.
Da che mondo e mondo sia sa, quelle lì son monoporzioni.
2 novembre 2010
la prova del cuoco
secondo un collega sono l'unico in italia a non guardare la prova del cuoco.
posso prenderlo come un complimento?
posso prenderlo come un complimento?
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